venerdì 8 marzo 2024

I GUERRIERI DI TUMAK

 

 
 
All'inizio di marzo di questo 2024 è uscito in edicola il n° 704 di Zagor (Zenith 755), intitolato “I guerrieri di Tumak”, di cui vedete qua sopra la copertina di Alessandro Piccinelli - che  appartiene a quel filone di cover "d'atmosfera" il cui contenuto non riproduce nessuna precisa scena riscontrabile nell'interno (nell'albo non ci sono azioni notturne, né totem, nè tepee e Zagor non impugna mai arco e frecce), però si rende l'idea di un eroe che affronta degli indiani. I testi sono miei, i disegni di un Marco Verni, come già dicevo presentando l'albo precedente, "più ferriano che mai".  Si tratta della seconda puntata della lunga storia con il ritorno di Supermike, destinata a concludersi con l'albo di luglio. Rimandiano dunque, saggiamente, il giudizio complessivo ad avventura terminata.
 
Qualche curiosità.
 
La prima: siamo alla seconda puntata e Marco Verni non ha ancora finito di disegnare il racconto, dunque non abbiamo certezze circa la sua effettiva lunghezza. Riuscerà l'illustratore romagnolo a battere il record di 513 tavole attualmente detenuto da Gallieno Ferri con una storia scritta da Tiziano Sclavi, intitolata "Incubi"? E se sì, di quanto?  Lo scopriremo nei prossimi mesi.
 
La seconda: nella rubrica "I tamburi di Darkwood", collocata come al solito a pagina 4, viene ricordato Alfredo Castelli, scomparso il 7 febbraio. Oltre a essere lo sceneggiatore stellare che tutti conosciamo attraverso il milione di fumetti da lui scritti, e la persona fantastica e divertente che ricordano quanti hanno avuto, come me,  la fortuna di frequentare, Castelli è stato anche l'autore della precedente apparizione di Supermike, quella a cui io e Verni ci siamo ricollegati riprendendo in mano il personaggio, rivelando, dato che c'eravamo, qualche retroscena rimasto da dipanare. Entrambi dedichiamo il "nostro" ritorno di MIke Gordon al super Alfredo (troverete la dedica in calce all'ultima vignetta).
Poco più sotto pubblico il testo della rubrica. 

La terza: il nome Tumak era già comparso sulla copertina di un albo Bonelli, per la precisione su quella dell'albo di Tex n° 536, sceneggiato da Claudio Nizzi e disegnato da Fabio Civitelli, uscito nel 2005. Potete vedere qui sotto la bella copertina di Claudio Villa. Si tratta, ovviamente, di un caso di omonimia. L'inesorabile Tumak affrontato da Tex non è lo stesso Tumak con cui ha a che fare Zagor. Magari quest'ultimo potrebbe essere il padre del primo, e in tal caso costui dovrebbe chiamarsi Tumak Jr. La verità è che noi sceneggiatori abbiamo sempre il problema dei nomi da dare ai personaggi, cercando di trovarne di originali. Il mio metodo è quello di prendere il titolo di un film americano a caso, meglio se vecchio, andare a leggere l'elenco degli attori minori e dei tecnici, e prendere in prestito, per esempio, i nome del direttore della fotografia di "Niagara" (1953), che è Joseph MacDonald. Nel caso di pellerossa, se conosco la tribù e se è necessario che proprio di quella tribù si tratti, cerco su Google, facciamo l'ipotesi, "native Tuscarora name" e magari utilizzo Shakure (il primo che casca sotto gli occhi). Quando però non si trova niente di utile o si tratta di indiani generici, mi risolvo nell'inventare un antroponimo che suoni bene. Tumak suonava bene. Deve aver avuto la stessa impressione anche Claudio Nizzi, vent'anni fa.
 
 

 
 
 

I TAMBURI DI DARKWOOD

Marzo 2024

Amici zagoriani,

esattamente un mese fa ricordavamo, su queste stesse colonne, come la precedente apparizione di Supermike sulle pagine di Zagor risalisse addirittura al 1984, in una storia scritta da Alfredo Castelli e illustrata da Gallieno Ferri, che raccontava il seguito, a nove anni di distanza, del primo scontro fra lo Spirito con la Scure e Mike Gordon immaginato nel 1975 da Guido Nolitta, alias Sergio Bonelli. Il proseguo della nuova vicenda che io e Marco Verni abbiamo iniziato a narrarvi con l’albo di febbraio servirà, tra le altre cose, a chiarire alcuni interrogativi rimasti in sospeso proprio nel racconto castelliano di quarant’anni fa. Ma prima ancora che potessimo riallacciarci a “Il volto del nemico” (il titolo dell’episodio conclusivo di quella seconda storia), è giunta la notizia della scomparsa di Alfredo Castelli. Alfredo ci ha infatti lasciati il 7 febbraio 2024, all’età di settantasei anni, al termine di una lunga malattia che non gli ha impedito, fino all’ultimo, di continuare a scrivere come ha fatto instancabilmente per tutta la vita. E’ impossibile, per me come per chiunque lo abbia conosciuto da vicino, trovare le parole per descrivere lo sgomento di essere rimasti senza un amico come lui, di cui si diceva sempre quanto fosse “vulcanico” senza ugualmente riuscire a rendere l’idea della fucina di storie e progetti che era la sua mente sempre al lavoro. Una fucina attiva a livello multimediale fin dai tempi in cui la multimedialità muoveva i suoi primi passi, così come trasversali sono state le sue mille collaborazioni con le case editrici più diverse e innumerevoli e variegati i suoi interessi. La sua creatività non si esprimeva soltanto attraverso colpi di genio nelle sue storie a fumetti, ma anche nel suo modo irresistibile di scherzare con colleghi ed amici che lo rendeva un compagno di lavoro straordinariamente divertente e caratterizzato da una grande umanità, sempre disponibile ad ascoltare gli appassionati e aiutare i giovani sceneggiatori e disegnatori. La prima collaborazione di Castelli, con la saga dello Spirito con la Scure è datata 1971, quando uscì l’avventura  “Molok!” (Zagor n° 77). Il giovane Alfredo dimostrò di saper cogliere le caratteristiche di trasversalità tra i generi e le possibilità di contaminazione offerte dal Re di Darkwood e riuscì a consegnare ai lettori alcune storie memorabili, prima di dedicarsi a Martin Mystére, il personaggio da lui creato nel 1982 a cui risulta maggiormente legato. Alfredo Castelli ricorda così i suoi esordi zagoriani: «All’epoca ero ingenuamente convinto che scrivere Zagor fosse un'impresa relativamente poco complicata. Errore: Zagor è frutto di un calcolato equilibrio alchemico, in cui Nolitta/Bonelli riusciva a dosare - non ho mai capito se per istinto o freddamente a tavolino - avventura e umorismo, suspense e azione, ambientazioni western e fantastiche». Castelli è stato anche l’artefice (con i programmatori della Systems) del primo, e finora unico, videogioco dello Spirito con la Scure, mandato in edicola con la rivista Commodore Club nella seconda metà degli anni Ottanta. Io e Marco Verni, che in quegli anni leggevamo le storie di Alfredo come semplici lettori, e abbiamo sempre riso del suo “Omino Bufo”, gli dedichiamo il nostro ritorno di Supermike, certi che se siamo giunti a realizzarlo è stato anche grazie agli stimoli, alle lezioni, al divertimento che lui ci ha dato.

Moreno Burattini

 
 
 

domenica 25 febbraio 2024

DI NUOVO SUPERMIKE!




Il primo febbraio 2024 è uscito in edicola il n° 703 di Zagor (Zenith 754), intitolato “Supermike!”, di cui vedete qua sopra la copertina di Alessandro Piccinelli - che cita sia la cover di Gallieno Ferri di un precedente ritorno dello Spirito Giallo che si libera di un saio fratesco aprendoselo sul petto (eccola qui sotto), sia una classica posa di Superman, quella in cui gli basta liberarsi di giacca e camicia (e degli occhiali) per trasformarsi da Clark Kent in Superman.
I testi sono miei, i disegni di un Marco Verni più ferriano che mai.
 

Era dal lontano agosto del 1984 che Supermike non compariva sulla copertina di un albo di Zagor e, cosa più importante, non dava del filo da torcere allo Spirito con la Scure nelle pagine interne. Si trattava del n° 229 della serie, intitolato “Il volto del nemico”, chiamato a concludere una storia in quattro albi iniziata nel maggio precedente, sceneggiata da Alfredo Castelli e illustrata da Ferri.
 

 
 
 
 
 
 
Ho scritto nella mia rubrica “I tamburi di Darkwood” il testo che segue. Sono quaranta anni che Mike Gordon, detto anche “lo Spirito Giallo” dagli indiani di Darkwood, non faceva ritorno. Quaranta anni dei nostri, naturalmente. Nell’universo del nostro eroe dalla casacca rossa, invece, il tempo sembra cristallizzato in un eterno presente o quantomeno scorre con una diversa velocità rispetto a quello reale. Nove anni prima dell’avventura scritta da Castelli, però, ce n’era stata un’altra, memorabile, firmata da Guido Nolitta, alias Sergio Bonelli, e sempre disegnata da Ferri: si intitolava “Zagor contro Supermike” e vi faceva la sua prima apparizione Mike Gordon. “Tutti gli eroi si sentono fare, prima o poi, l’obiezione che vincono sempre, non le prendono mai, e via dicendo”, dichiara Sergio Bonelli in una intervista. E prosegue: “Allora mi venne in mene l’idea di qualcuno che addirittura scalzasse Zagor”. Insomma, nel novembre 1975 Supermike nacque per mettere in difficoltà lo Spirito con la Scure nel modo più clamoroso possibile, minandone cioè il carisma e l’autorevolezza, dopo essere riuscito anche ad assestargli più volte colpi sopra e sotto la cintura. L’avversario che Nolitta immaginò è uno spaccone arrogante e presuntuoso, Mike Gordon, che si autodefinisce “super” perché riesce a ottenere il massimo risultato in qualunque attività in cui si cimenti. Dopo aver ricevuto una sonora lezione da parte del Re di Darkwood decide di impegnarsi nella sistematica demolizione del credito che il nostro eroe si è guadagnato nella sua foresta, facendone quasi una ragione di vita. Un villain così originale e tanto ben caratterizzato non poteva che entrare di prepotenza nel cuore del lettori, che ci hanno sempre chiesto, insistentemente, di poterlo rivedere. L’avventura che inizia a pagina 5 di questo albo si preannuncia come una fra le più lunghe della saga zagoriana e ci farà compagnia per tutta la primavera.

Del ritorno di Supermike ho parlato anche nell’articolo con il quale, a inizio anno, ho presentato sul sito Bonelli il 2024 zagoriano. La Casa editrice ha poi pubblicato anche un podcast con varie mie considerazioni che mi auguro siano interessanti da ascoltare, e un video in cui spero di essere stato anche divertente da vedere. Potete trovare tutto quanto cliccando sui link (le parole colorate qui sopra).

 
 
 
Ho partecipato anche, insieme a Marco Verni, a ben tre incontri in diretta online rispondendo alle serrate domande del pubblico, e insomma mi è sembrato di registrare una notevole attesa per questo ritorno, richiesto peraltro a gran voce da tantissimi.
 
Illustrazione di Anna Lazzarini

 
Per convincersene basterà dire che esiste addirittura un gruppo Facebook dedicato a Supermike. In redazione sono stati tutti meravigliati (io no, conoscendo la passione degli zagoriani) vedendo una T-Shirt gialla con la M di Mike arrivare in via Buonarroti spedita da un lettore che ha voluto ringraziarmi per aver riportato mister Gordon alla ribalta e agli onori delle cronache. 
 
 

In autunno, addirittura, un forum zagoriano ha realizzato e distribuito agli iscritti l’anello di Supermike (quello che lascia il segno dando un pugno).
 



 

 
Numerosi gli articoli sulla carta stampata, nelle edizioni on line dei giornali, e perfino servizi televisivi. Insomma, fibrillazione su tutti i fronti. 
 


 
Eppure, mi è bastato annunciare l’uscita dello Zagor di febbraio per leggere, tra i primissimi commenti, quello di un tale che scrive: “Basta con i ritorni”. Che ci si deve fare, i detrattori sono così. Non ci si discute, come con i complottisti. (In realtà ho già risposto qui, cliccate per leggere - o rileggere). Dato che la storia sarà lunga, torneremo a parlarne nei prossimi mesi ma per trarre un bilancio complessivo la saggezza consiglia di aspettare la fine. Che, a mio parere, sarà la parte migliore del racconto.
 

 


sabato 10 febbraio 2024

UN ANNO DI ZAGOR

 

Massimo Manfredi, a destra nella foto accanto ad Alessando Piccinelli, è un nome ben noto ai più assidui frequentatori di questo blog. In un articolo del 2013 intitolato "Vent'anni di storie" (leggibile cliccando) l'ho definito "Il lettore che ogni autore desidererebbe avere". E aggiungevo qualche spiegazione, che riporto: "Anche quando il suo giudizio è critico, il suo parere è argomentato e senza acrimonia. E soprattutto, non serba rancore: dalla storia successiva è pronto a valutare ciò che gli viene proposto, senza pregiudizi. Se individua delle falle, conserva memoria dei meriti. Inoltre, è informato, poliedrico, non è un monomaniaco nelle sue letture ma spazia. Nel gennaio 2013 abbiamo idealmente festeggiato insieme i primi venti anni di una consuetudine: l'arrivo in redazione di una lunga lettera in cui, con certosina pignoleria, Massimo esamina uno per uno tutti gli albi zagoriani dell'annata precedente appena conclusasi. La lunga lettera, si badi bene, è riservata solo a noi della redazione. Ogni commento è sempre stato accompagnato da un giudizio espresso in voti, talvolta condivisibile, talvolta no, ma sempre ben giustificato da una disamina."

 

Dopo aver ricevuto la lettera del 2013, ho chiesto al mittente il permesso di pubblicare sul blog tutte le sue recensioni di cui si erano conservati i files, ed ecco il perché del titolo "Vent'anni di storie". Ovviamente, non sempre sono d'accordo con i giudizi di Massimo, e talora mi verrebbe voglia di rispondere, argomentando; altre volte condivido. Il bello è che essendo Manfredi molto severo nei suoi giudizi, quando sono positivi si hanno delle belle soddisfazioni (raffreddate subito dopo dal successivo giudizio negativo). 

 

Dopo altri dieci anni di lettere, nel 2022 ho pubblicato, chiedendogliene il permesso, le sue recensioni a un altro decennio di storie zagoriane, raccolte sotto il titolo di "Dieci anni di commenti". In quell'occasione gli ho chiesto di presentarsi ai lettori di questo blog e presentare anche il suo "metodo" di lettura e lui lo ha fatto con il testo che troverete cliccando sulle parole del testo colorate (poco sopra). 


Alla fine del 2023 è giunta in redazione la solita lunga lettera con tutte le disamine del 2023: portata a mano in occasione della "pizzata" tra lettori e autori che è stata organizzata a Milano. Pare che, segno dei tempi, Massimo abbia trovato difficoltà nel trovare il fracobollo e la buca dove impostare. 

 

Massimo Manfredi con Anna Lazzarini

Mi è sembrato troppo audace aspettare altri dieci anni per pubblicare questi commenti insieme a quelli degli albi  da qui fino al 2032. All'epoca, se sarò sopravvissuto, sarò un settantenne residente a Villa Arzilla o Casa Serena. Meglio quindi dargli spazio (a lui piacendo) all'inizio di ogni nuovo millesimo. Di seguito, le sue disamine dell'annata 2023. Naturalmente, non ho censurato o modificato nulla. I pareri che leggerete qui sotto (peraltro, stranamente, non completi: macano un paio di albi all'appello) rappresentano soltanto l'opinione di un singolo lettore caratterizzato da gusti personali ben precisi, da zagoriano della vecchia guardia (non esattamente ben disposto verso la sperimentazione) e da idiosincrasie (per esempio quella verso le storie brevi o verso gli elementi fantastici), e ci sarebbe da intavolare con lui una lunga discussione sul concetto di che cosa siano gli episodi "riempitivi" o sul perché le scene d'azione in un fumetto d'azione debbano togliere dei punti alla valutazione. 

 

Fondamentalmente, il problema con i lettori molto critici è quello di ritenere che ciò che non piace a loro non possa essere apprezzato da qualcun altro, fino a ipotizzare che certe collane meno canoniche non dovrebbero neppure uscire. L'esperienza insegna che ogni storia non gradita a qualcuno riscuote il gradimento di qualcun altro e che alla fine i perplessi autori si trovano regolarmente di fronte a giudizi che dicono tutto e il contrario di tutto.  Le recensioni che seguono sono utili anche per far meglio capire quanto sia difficile il lavoro di chi scrive e disegna Zagor, sapendo di dover fare i conti con lettori molto attenti e per niente accomodanti. Uno stimolo in più, per noi, per cercare di fare sempre meglio.



 

IL PASSATO DI ROCHAS (Nn. 689/691)
Burattini - Gramaccioni

Testi: 7. Confesso che, dopo il proliferare negli ultimi tempi di ritorni e di “passati di…” (complice anche la collana Color), sono partito non troppo bendisposto. Invece questo passato di Rochas si dimostra nel complesso ben scritto e con più di un momento degno di nota.

Quello che non ho apprezzato in molte storie precedenti è stata infatti la sensazione che certe cose si rivelassero “per contratto”, senza una reale ispirazione, e che di conseguenza venissero sbrigate in poche pagine, nelle quali si cerca soprattutto il facile effetto-rivelazione, anziché costruirci una storia attorno. Qua abbiamo invece una bella avventura valida a sé stante, nella quale le rivelazioni sono intrinsecate in modo naturale, anziché odorare di forzate. Pur essendo uno dei personaggi secondari più caratteristici, di Rochas non sapevamo granché, a parte la sfida con i pugni. È stato bello quindi dotarlo di una personalità, e anche di valori che si rivelano in linea con quelli del protagonista di testata. Il suo “drammatico passato” viene così percepito davvero come tale, perché il dramma appunto c’è, nel senso che questo viene fatto vivere e toccare con mano al lettore, e non solo raccontato. Il momento culminante è dato ovviamente dalla scoperta della strage al campo indiano e conseguente morte di Aryana, ma bello anche il dialogo successivo col sergente Nemers, e altri similari. Discreti anche i nemici (specie il reverendo) e comprimari vari, ma proprio su questi si poteva spingere di più. Forse il difetto di base è proprio questo, che ci si è molto concentrati su parti di avventura neutra (indagini, inseguimenti, deduzioni, ecc.) e non si sono sfruttati pienamente tutti i momenti che parevano pregni di maggiore intensità. Ma va bene, è stata una buona lettura. Poi non conteneva nemmeno un grammo di magie, mostri, e simili, che ultimamente per me diventa un valore aggiunto già in partenza.

Disegni: 6+. Non è uno stile che mi è mai piaciuto, e non lo trovo molto adatto a Zagor. Talvolta sembra quasi un fanzinaro, e con tratteggi e bordature indie. Il primo albo va in questa direzione, ma col tempo sembra impegnarsi maggiormente, con maggiore ricchezza di particolari e cura dei volti. Il terzo albo è quindi più che discreto, a parte una grave rigidità nelle scene di movimento, che sembrano proprio non riuscirgli.

 

LA NAVE VOLANTE (Color n. 16)

Perniola – Russo

 Testi: 5. Difficile dare un giudizio disgiunto dal Color n. 11, di cui l’attuale sembra non un reprise, ma proprio la seconda parte fatta uscire due anni dopo per qualche motivo redazionale. Ma anche questo albo non aggiunge nulla alla banale vicenda fatta di scontri e mostroni che già vedemmo allora, e pertanto la delusione rimane la stessa. I dialoghi sono anche di discreto livello e contribuiscono ad una leggibilità accettabile, ma purtroppo non possono fare più di tanto a causa del peso del soggetto che trascina giù nel trash tutto quanto.  
Già lo Speciale toninelliano non era granché, e questo doppio ritorno è probabilmente anche peggio, pertanto mi auguro proprio che a Ol Undas non ci si torni più.

Disegni: 8. Quasi uno spreco usare un disegnatore bravo come Russo per questa storia, nonostante venga a mio parere parecchio penalizzato dal colore.

 


 

LA MASCHERA DEL DIAVOLO (Zagor+ n. 8)

Russo - Esposito

Testi: 7. Bene, sembra che Russo, dopo il promettente Color, abbia imboccato una strada virtuosa, offrendoci un apprezzabile extra dalla struttura bilanciata, e arricchito da dialoghi di buon livello. I personaggi sono tutti ben tratteggiati e credibili, e anche la componente fantastica (i poteri di Smile) non risulta invasiva né sbraca come in altre occasioni. Seguendo l’impostazione nolittiana, il fantastico si innesta in una vicenda sostanzialmente realistica, ed è proprio in questo modo che riesce a meravigliare più efficacemente il lettore. Per tutti questi motivi, Smile risulta un villain azzeccato, bastardo e di spiccata personalità, in grado di dare filo da torcere a Zagor. La portata e la pericolosità dei suoi poteri, e di conseguenza l’adrenalina che trasmette la lettura, viene percepita proprio attraverso le difficoltà dell’eroe nel fronteggiarlo, mostrandone il dolore e addirittura l’obbligo di fuga, per poi tornare dopo aver studiato qualche contromossa elaborata che vada oltre il semplice scontro fisico. Chicca finale il trucchetto del fuoco, che riporta a quella antica teatralità zagoriana di cui sento molto la mancanza.

Disegni: 8. Sempre bello il tratto dei Bros, che a questo giro mi è sembrato particolarmente ricco di dettagli. Manca però qualche scena spettacolare o più d’effetto: ad esempio le pagine del delirio di Zagor sono troppo elementari, mentre poteva essere un’occasione per creare un’atmosfera più elaborata graficamente.   

 

LA BANDA DEGLI ASSASSINI (N. 692)

Burattini - Sedioli

 Testi: 5. Una vicenda solo cazzotti e azione, senza nulla d’altro. Non si legge malissimo, ma è totalmente piatta, di nessun interesse. Meno di un riempitivo.


Disegni: 5,5. Un Sedioli quasi irriconoscibile, abbozzato, con gli usuali visi disarmonici ma peggiorati.

 



I PREDONI DEL NORD (Speciale n. 36)

Rauch – Di Vitto

Testi: 6+. Dividerei in due parti il giudizio. La prima, quella relativa alla linea portante delle donne rapite e della ricerca di Bogan è buona: lui è un bel comprimario, e tutti i dialoghi sono interessanti. Commovente anche il finale. La seconda, quella legata alla fase di azione, è invece troppo lunga e ripetitiva, e affossa pesantemente il resto. Facendo due conti, risulta che addirittura la metà delle pagine di questo albo è costituito da pistolettate, assalti e scontri vari: tutte pagine che si scorrono senza nemmeno soffermarsi troppo sulle vignette e perciò parecchio noiose.

Il che risulta due volte grave, dato che la sequenza a Pleasant Point in cui Sam racconta dei vari rapimenti, di quello di Tom e dei suoi giri tra adozioni e unione ai predoni, della ricerca dello zio, e del nuovo racconto che poi quest’ultimo aggiunge, è davvero pastosa e difficile da seguire con tutti questi fatti: ecco, sarebbe invece stato meglio usare molte delle pagine di scontri, per far vedere quanto è stato raccontato. Sarebbe stato più facile da assimilare e piacevole da leggere.Quindi alcune parti valide e altre pesanti, che portano la media verso una sufficienza.

Disegni: 6. Anche nella componente grafica, si può fare una media tra la notevole ricerca dei dettagli, specie nei fondali, e troppi visi sgraziati, tra cui alcuni di Zagor davvero pessimi.


 



LO SPIRITO DEL LUPO (Zagor+ n. 9)


Testi (voto complessivo): 5. Sorprendentemente, la storia migliore è quella di Testi (Il grizzly), un autore in cui io vedo potenzialità ma che si perde sistematicamente dietro a mostroni. Beh, se vogliamo, anche qua c’è un mostrone, ma è anche trattato come tale, cioè una minaccia davvero tosta e terrificante. Però il livello è innalzato dalla qualità media dei dialoghi, attenti a rispettare le psicologie dei personaggi (tra i quali spicca come una gemma quello di Fitzy sulla metafora del piccolo orso verso il piccolo Pat), e anche dalla sorpresa finale.

Al secondo posto, ma già ai limiti della sufficienza, Il vecchio soldato (Mosca). Gradevole lettura ma poco consistente, gravata anche da diverso spiegazionismo. Peccato perché gli elementi interessanti c’erano anche, ma così compressi non trovano sfogo adeguato.
Scarse Il monte della vendetta (Contu) e Fuga nella notte (Burattini). La prima ha un tema non originale ma su cui si può lavorare, peccato che lo spazio costringa a trovate telefonatissime e scene d’azione forzate (Zagor che uccide un puma con le mani legate non si può vedere, su). La seconda presenta l’idea carina dello spirito del lupo, ma poi nei fatti è composta di quasi sola azione, peraltro con troppi passaggi poco credibili e telecronache mentali.
Personalmente, credo che la formula delle storie brevi andrebbe eliminata o fortemente ridotta. Inizialmente c’era l’effetto novità, ma questo terreno, già di suo così poco zagoriano, dopo tanti anni sta davvero mostrando la corda, con una qualità media che va precipitando.

Disegni (voto complessivo): 7,5. primo posto ex aequo per Candita e Bertolini, per la grande precisione dei dettagli e per l’utilizzo di tecniche particolari, tra cui la mezzatinta. Discreto Devescovi, ma troppo canonico per lo spirito di testata, e solo religioso silenzio davanti a un monumento come Roberto Diso.



 

VENDETTA SEMINOLE (Nn. 693/696)

Rauch – Di Vitto

Testi: 9. Eccellente davvero questo ritorno a Britannia! Tecnicamente da scuola, con una perfetta alternanza tra scene d’azione e di pausa, senza che nessuna delle due diventi di lunghezza eccessiva. Non ci sono arzigogoli narrativi, ma tutto viene raccontato in presa diretta, rendendo agevole la lettura. In quanto storia lunga si può permettere apprezzati cambi di location, spaziando dal classico western alla più esotica seconda parte. Questo è lo spazio giusto per l’avventura zagoriana, non c’è niente da fare.
Ottimi i cattivi, cazzuti e sempre mostranti personalità, con in testa ovviamente Chaka, che riecheggia classicità nolittiane passando dalla posizione di nemico, anche molto temibile, ad alleato con momenti di fragilità. Zagor giganteggia da protagonista, guidando i combattimenti, spronando il capo Seminole nei suoi momenti di sconforto, spiegando ai coloni i pregiudizi sugli indiani, e soprattutto durante la strepitosa sequenza del dialogo notturno con Cico nella palude. Davvero, sono 5 pagine che da sole varrebbero tutta la run, se non ci fosse anche molto altro. Sono queste le sequenze che voglio vedere, il cuore del vero Zagor, questa intensità, queste punte di commozione, altro che pagine e pagine di scontri. Il suo eloquio profondo, la capacità di porsi dubbi, di riflettere sul senso della sua missione, la profonda amicizia con Cico (trattato anch’egli stupendamente)… applausi!
Ma le scene ad alta intensità sono davvero tante: la sua indignazione quando si getta contro i soldati o come insegue Hazon fino a massacrarlo di pugni, il finale sulle rovine del forte ricordando l’amico Manetola… ripeto: uno Zagor che si prende la scena in lungo e in largo! Mi è piaciuto anche il riportare in auge l’alone mitico che nel periodo classico circondava la figura del Signore di Darkwood, sia tra gli indiani che tra i bianchi, e che negli ultimi tempi si era accantonata anche in nome di un politically correct fuori luogo.

Ottima e avvincente tutta la parte avventurosa, e svolta in modo credibile, non mi sono annoiato un solo secondo. Bellissimo tornare a Britannia, ritrovare quei luoghi letti e riletti mille volte nella nostra infanzia, ma non in modo gratuito per sfruttare un hype, ma con una solida trama e solide motivazioni.

Disegni: 7,5. Mediamente il lavoro è decisamente buono, specie nei ricchi particolari e anche in non poche inquadrature d’impatto statiche. Al contrario, nelle scene che richiedono una forte enfasi drammatica, magari in movimento, non rendono altrettanto bene. Questo anche a causa del loro storico punto debole, ovvero l’espressività o comunque la resa dei volti, tra cui alcuni di Zagor davvero da matita rossa.


BRACCATI! (N. 696 bis)

Della Monica

Testi: 4,5. Voto più di saturazione che per la storia in sé, comunque brutta. Pim pum pam inutile come quasi tutti gli appartenenti al genere, linea piatta di cazzotti e spari. La saturazione arriva dopo l’ennesima uscita extra di cui davvero non si capisce il senso, dato che non ci sono idee a supportarle. Mah.


Disegni: 8. A disegnare è bravo come sempre, niente da dire.

 

 

IL SIGNORE DEI CIMITERI (Color n. 17)

Fantelli – Mangiantini

Testi: 5,5. Come sempre difficile scrivere bene Zagor in questo spazio. Fantelli ci prova e qua e là riesce anche a fare qualche centro, in alcuni dialoghi e caratterizzazioni di personaggi vari (lo schiavo liberato da Zagor, la vecchia Yolande…) ma anche cadute più o meno pacchiane. In primis, l’idea di fondo che si possano addestrare degli zombi a operazioni complesse come quelle richieste dal lavoro di minatore è parecchio forzata. O anche Cummings che ordina di uccidere la figlia e renderla zombie solo perché gli si è messa contro, e altre minori. Sono situazioni che non sembrano essere state adeguatamente preparate, a causa dello spazio e delle tante linee buttate dentro. Sullo stregone, altro esempio, non viene approfondito il motivo per cui è obbligato a servire Cummings, o perché porti una maschera. Niente di male, si può anche soprassedere, però forse sarebbe meglio ridurre il numero di cose, e approfondire bene queste poche anziché il contrario. Peccato perché ripeto, alcuni passaggi sono scritti efficacemente, per cui spero che abbia un’altra chance.


Disegni: 7,5. Non mi piace il volto di Zagor ma tutto sommato un lavoro discreto di Mangiantini, preciso e leggibile, a cui mi pare che il colore doni anche qualcosa, pur nascondendo però in cambio i suoi bei chiaroscuri.

 

 

IL CAPITANO NEMO (Nn. 696/698)

Rauch – Della Monica

Testi: 8-. Il soggetto è invero banalotto, al netto degli inserimenti “esterni” di matrice verniana, ma la sceneggiatura fa enormemente innalzare il tutto. Per almeno una metà, infatti, abbiamo i classici elementi di una avventura marinara (tempeste, naufragi, ecc.), ma anche tali “banali” avversità naturali – come insegna proprio Nolitta – se ben raccontate, con i giusti tempi, riescono a coinvolgere il lettore. Del resto la narrativa avventurosa si muove quasi sempre attraverso lo stesso pugno di topoi, ma quando vengono riportati bene, come qua, torni ogni volta a leggerli molto volentieri. È una storia che pur fantastica nelle sue punte, è credibile e realistica nelle sue basi, e proprio per questo le punte spiccano come tali. I mattoni con cui si costruisce questo effetto sono i dialoghi sempre calibrati e realistici che vanno a delineare ottimamente i vari personaggi, in primis ovviamente Nemo (molto bello il confronto tra lui e Zagor, peccato che sia stato solo così corto). Le parti peggiori: il finale un po’ concitato e anche la fase col calamaro gigante, di suo un po’ trash, ma ovviamente ineludibile.


Disegni: 8,5. Come sempre bravissimo in tutto ciò che disegna, a mio parere ha il suo unico storico difetto (piccolo ma presente) nella fase spettacolare. Pertanto in una storia del genere forse fa perdere qualcosa sullo sprigionamento della meraviglia, il che è un peccato. Mi sarei infatti aspettato che il cosiddetto “effetto wow”, sarebbe stato uno dei punti di forza di un fumetto (nel senso di arte visiva) tratto dal meraviglioso libro di Verne.   

 

 

RITORNO A PARADISE GATE (Zagor+ n. 10)

Testi – Chiarolla

Testi: 6. Nel salutare positivamente la prima storia di Testi totalmente realistica, debbo altresì rilevare un curioso fenomeno da montagne russe relativamente ai miei gusti. Ci sono infatti alcune pagine davvero notevoli, e altre da sonori sbadigli. Tra le prime, la sequenza iniziale con l’approfondimento psicologico di Howens e Hilton, e poi la conoscenza con Amber, la fase dell’innamoramento, ecc.: una trentina di pagine ottime. Poi tutta la parte che va a delineare il bel villain Lansa: la sua storia, l’odio a seguito della morte del padre, fino al confronto finale durante il duello con Zagor e l’abbandonarsi alla morte.
Peccato che tutto il resto è composto da scene d’azione noiosissime, che sembrano messe lì per contratto perché “Zagor deve sparare e fare a pugni”: una sarabanda di personaggi e scontri continui che a un certo punto confesso di aver smesso di seguire, sfogliando velocemente. Nel mezzo anche il ritorno di Mac Kay che, a parte reso malissimo graficamente, esce come una macchietta, un disadattato mentale che prima sembra una brava persona in famiglia, poi massacra un suo sorvegliante per una cosa futile, e non contento mena pure la bambina (per non parlare di come prende a spaccarla di botte una volta ritrovata da grande).
Insomma, peccato per questa forte disarmonia nuovamente espressa da un autore in cui io continuo a vedere potenzialità alte, ma che poi crolla sistematicamente nelle fasi dinamiche.



Disegni: 7,5. Pur non a suo agio in una storia realistico-western, Chiarolla riesce a portare a casa una bella prova grazie ai suoi sempre efficaci dettagli, e al sapiente utilizzo della spettacolarità in quelle scene che lo consentono (il fatto che tante scene si svolgano sotto la pioggia lo favorisce di certo). Anche le scene d’azione, suo storico limite anatomico, mi sono sembrate migliori.

 

 

LA MALEDIZIONE DEGLI INCAS (Nn. 698-699)

Rauch - Venturi

Testi: 6,5. Riempitivo più che discreto (fossero tutti così i riempitivi) che forse soffre della compressione obbligata in vista del 700. Voglio dire, quando ti trovi in una vicenda di pirati, Diggin Bill, ecc. la mente non può che correre al ricordo di Oceano, perché chi l’ha letta lo sa bene quale immane livello di epica avventurosa si può raggiungere con questi ingredienti. Ma ovviamente ci vuole lo spazio per farli dispiegare, e qua non c’è.
Ciò nonostante la lettura è piacevole perché ben scritta in modo realistico, con anche un tocco di soprannaturale, che però risulta calibrato adeguatamente e non sbraca.

Disegni: 8,5. Venturi è tornato al taglio realistico e lo rilevo con gioia. A parte alcune interpretazioni dei visi di Zagor e Cico che lasciano a desiderare, è tutto uno strabordare di particolari (notevole il lavoro sulle giubbe dei pirati, fibbie ecc.) che riempiono di gusto la lettura. Strepitose poi alcune scene marinare, e in particolare durante le tempeste.

 



LA FORESTA DEI DESTINI INCROCIATI (N. 700)

Giusfredi – Piccinelli

Testi: 6. La storia in sé non è male, ma è davvero poco celebrativa nella trama, non ha niente di speciale per reggere l’occasione, il che oggi può essere visto come un difetto. Se lo è, per quanto mi riguarda, non lo considero grave: l’importante è sempre la sceneggiatura, e questa è piacevole, scorre bene, e Zagor è centrato in modo efficace.

Scorre bene nonostante la vicenda sia particolarmente ingarbugliata e se vogliamo da un lato è certamente un pregio riuscire a mantenere una sufficiente fluidità di lettura in mezzo a continui flashback, sogni che si mischiano alla realtà, personaggi che vengono presentati diversi da ciò che in realtà sono, e piani ingannatori del cattivo.

Dall’altro, però, questo piano è davvero cervellotico e a mio parere zoppica troppe volte. Se lo scopo di Taka è la pace ed evitare che il comando finisca al guerrafondaio Bullsnake, può chiedere a Zagor di aiutarlo intervenendo con la sua autorità, o in qualche altro modo simile e credibile, come abbiamo già visto tante volte in questa situazione ricorrente nella serie. Lui invece lo obbliga ad un duello, per poi drogarlo e raccontare di avere “assorbito” la sua energia vitale che lo ringiovanisce (non la cosa più normale da accettare come niente, diciamo), sfruttando anche un vecchio pazzo che si veste da Spirito con la scure che salta fuori in questa storia (perché non lo uccide così da usare lo stesso trucco più semplice del sosia di Bullsnake?), e tutto questo arzigogolo per mettere a capo della tribù il figlio.
E qua è lo zoppicamento più sfidante: in pratica Taka tiene nascosto questo ragazzo per un numero imprecisato di anni, obbligandolo a vivere chiuso in una capanna o sotto un pesante costume in modo da avere qualcuno da presentare quando un giorno salterà fuori un Bullsnake da sconfiggere! Davvero poco credibile. E in più, condanna sé stesso a vivere nello stesso modo occulto per il resto della vita. Ripeto: non era più semplice e più conveniente affrontare la cosa in modo normale?
Sembra quasi che Giusfredi si sia divertito a ingarbugliare artificiosamente una situazione che non lo merita perché ha pensato che possa essere più avvincente la continua ricerca del colpo di scena rispetto alla coerenza di trama. A mio parere si tratta di una strada assai fallace, ma se si decide di percorrerla, le premesse e il piano devono essere fortemente plausibili, altrimenti si percepisce una forzatura fastidiosa.

 

Disegni: 8. Piccinelli secondo me è un altro la cui straordinaria mano viene svilita dal colore: in particolare la sua tecnica di ombreggiatura così caricata di nero, efficacissima in b/n, non si amalgama per niente con l’espansione cromatica, affogando i particolari che si fa più fatica a cercare con gli occhi anziché esaltarli come dovrebbe. Peccato.
 


PRESAGI DI GUERRA (Speciale Tex Willer incontra Zagor n. 2)

Boselli – Piccinelli

Testi: 6,5. Di fondo sono contrario, a livello di strategia editoriale, a questa sorta di miniserie che si sta strutturando (prevedo infatti che continuerà). Questo perché avrei preferito che il fantasmagorico e iper-atteso-da-decenni incontro tra i due massimi eroi bonelliani avesse rappresentato un unicum, epico e indimenticabile, quando invece già allora si scelse la linea dell’avventura qualunque.
Ma epurato il giudizio da quanto sopra, anche questo albo si rivela comunque una piacevole lettura. L’interazione Tex-Zagor è qua ormai totalmente depotenziata e vederli insieme è quasi come vedere due personaggi qualunque. La piccola scintilla di adrenalina colpisce semmai solo l’occhio tramite il disegno, mai il cervello. Questo compito è invece svolto splendidamente dall’incipit, nel quale diventa una vera goduria il percorso di scoperta per cui si vede prima un bambino che è la copia sputata di Cico, poi si nomina un hidalgo discendente dei conquistadores, e infine compare il pancione dei nostri cuori, seguito dal vecchio (anzi giovane) cammello. Una zuccherina sequenza di puro fan-service, arricchita da Pamina, mole negro e via così.

Il resto dell’albo è una robusta avventura boselliana, con i soliti pregi (il realismo, i dialoghi) e difetti (la compressione del finale), sempre gradevole. Bella la didascalia nell’ultima vignetta.

Disegni: 9. Ecco, mi arriva subito la prova di quanto ipotizzavo sopra per il 700. Col b/n esce fuori il 100% della sua bravura.  

 

mercoledì 24 gennaio 2024

LA TANA DEL SERPENTE

 
E' in edicola dai primi giorni del 2024 l'albo di Zagor n° 702 (Zenith 753), intitolato "La tana del serpente". La copertina, che potete vedere qui sopra, è opera di Alessandro Piccinelli. I testi sono miei, i disegni di Mauro Laurenti. Si tratta della seconda parte di una storia in due puntate, iniziata il mese scorso con l'albo "Il passato di Jenny". Potete leggere alcune considerazioni in proposito nell'articolo che ho pubblicato sul blog alcune settimane fa:
 
http://morenoburattini.blogspot.com/2023/12/il-passato-di-jenny.html
 
Per chi non ha voglia di cliccare, riassumo il punto principale ribadendo come, sostanzialmente, "Il passato di Jenny" sia una storia che ha per tema la violenza contro le donne. Il loro sfruttamento, il senso del possesso di certi uomini violenti, l'abuso del corpo femminile, ma pure la ribellione di chi subisce prevaricazioni e il tentativo di riacquistare libertà, dignità e autonomia, anche chiedendo aiuto a chi è in grado di darlo.
 
Ad avventura conclusa posso aggiungere qualcosa ancora.
 
1) Non si racconta solo di come Jenny sia arrivata a Pleasant Point, ma anche di come ci sia giunta Sara. Jenny e Sara sono state caratterizzate in modo diverso fra loro o, almeno, ho cercato di farlo (non pretendo di esserci riuscito).

2) Viene risolto il mistero di che fine avesse fatto la quarta ragazza di Pleasant Point, Ruth. Infatti, nell'avventura del 1993 che si ricorda con il titolo "Ladro di ombre", scritta da Mauro Boselli, in cui le fanciulle in questione entravano per la prima volta a far parte della saga zagoriana, ne venivano presentate quattro: Jenny, Sara, Ellie May e appunto Ruth. Quest'ultima spariva dalla scena, senza spiegazioni, nelle avventure successive. Adesso scopriamo che si era trattato di un allontanamento volontario dovuto a un matrimonio, ma anche che lei e il marito (e un figlio) tornano ad abitare nei pressi del trading post di Peabody.

3) Nel finale si allude ad altre avventure da narrare con protagoniste Jenny, Sara, Ellie May e Ruth, successive a quanto raccontato ne "La tana del serpente". E' la classica "porta aperta" che gli sceneggiatori talora si lasciano alle spalle (o davanti) quale possibilità da sfruttare in futuro. Non è detto che queste storie ancora da rivelare vengano davvero scritte e disegnate (si possono tranquillizzare i tanti detrattori delle figure femminili nella saga di Zagor).

4) La storia del "Passato di Jenny" ha suscitato il solito coro di polemiche a cui non soltanto sono fortunatamente abituato, ma che tutto sommato mi fanno felice perché non si può certo dire che in Rete gli albi di Zagor passino inosservati e non suscitino vivaci reazioni. Pare anzi che siano un argomento acchiappaclic, e la cosanon può che farmi piacere. Ovviamente ci sono anche recensori soddisfatti e commenti positivi.

5) Fra le osservazioni critiche ce n'è una decisamente insolita, che rappresenta perfettamente il genere di reazioni a cui a volte ci troviamo di fronte in una realtà fatta di lettori pronti sentirsi indignati da qualunque cosa. 
Un lettore scrive una lettera che comincia così:
"Questo è troppo". "Come è possibile che agli sceneggiatori sia venuto in mente di usare Clerville come nome del villaggio in cui si svolgono gli avvenimenti del racconto 'Il passato di Jenny'?".
Ho risposto in questo modo:
“Questo è troppo”, lei scrive – e leggendo ho cercato di immaginare che cosa mai avessimo combinato. Scopro poi che si tratta solo di un nome qualunque dato a una qualunque città. Immagino che lei contesti l’uso del toponimo perché noto per essere la città (e lo stato), di fantasia, dove agisce (per lo più) Diabolik. Immagino che le sorelle Giussani, creatrici di quel fumetto, abbiano scelto quel nome perché suonava bene (Clerville non esiste) e per lo stesso motivo è stato usavo, una tantum, dagli autori di Zagor (da me, per la precisione): Clerville suona (appunto) bene e si legge come si scrive. Mi pare un motivo più che sufficiente (oserei dire persino valido), non si è voluto far male a nessuno, se il nome del toponimo non le piace, le piacerà o le sarà piaciuto (si spera) quello dato a qualche altra località in qualche altra nostra avventura. E’ probabile che altri nomi avrebbero causato altre problematiche, per esempio “La casa del terrore” di nolittiana memoria sorge nei pressi di La Fayette, città che sappiamo trovarsi (nella realtà) collocata in Indiana oppure in Louisiana (ce ne sono due), in ogni caso decisamente lontana dal Massachusetts dove storicamente avvenne la caccia alle streghe (è lì che si trova Salem) e da quella costa del Nord Est di prima colonizzazione caratterizzata dall’architettura simile alla dimora degli Stanford. Quindi, a volte, per evitare contestazioni, è meglio inventarsi nomi di fantasia e per non abusare della parola Clear (Clear Water) o Clark (Clark City) può capitare che si semplifichi tutto in un semplice “Clerville”, che di certo non è un nome impegnativo come Gotham City o Metropolis. Del resto negli Stati Uniti esistono località come Pollo (Alaska), Imbarazzo (Minnesota), Inferno (Michigan), Pee Pee (Ohio), Rapporto (Pennsylvania).