venerdì 29 aprile 2011

IL ROMANZO DI ZAGOR

Visto che già se ne parla sui forum zagoriani (e su uno, ZTN, addirittura si raccolgono le prenotazioni per un acquisto di gruppo), comincio anch'io ad anticipare qualcosa in attesa di approfondire l'argomento quando il libro sarà in distribuzione. Per il momento, il succo della notizia è riassunto in questo comunicato stampa diffuso da Cartoon Club, la Casa editrice che, fra le altre cose, pubblica Fumo di China.
Ecco il testo:
"Zagor si appresta a festeggiare i suoi primi cinquant'anni. È nato nel giugno 1961. A crearlo, furono Sergio Bonelli e Gallieno Ferri: il primo ne è ancora oggi l'editore, il secondo continua a disegnare tutte le copertine e molte delle storie. Da oltre vent'anni, però, il principale sceneggiatore della serie è Moreno Burattini, che dell'eroe di Darkwood è anche il curatore di testata. Proprio Burattini è l'autore del primo romanzo con protagonista lo Spirito con la Scure, che narra una storia mai narrata in un albo a fumetti. Il racconto in prosa è un mix di avventura, western, giallo, mistero e azione che farà felici i tanti fan del personaggio e potrà catturare nuovi lettori. "Le mura di Jericho. Il romanzo di Zagor" si compone di 96 pagine (f.to 14,5 x 20 cm, bandelle a colori, rilegato filo refe, 12,00 euro, Cartoon Club editore), ed è accompagnato da 10 illustrazioni inedite di Zagor e una copertina inedita di Gallieno Ferri. Il romanzo sarà presentato in anteprima domenica 15 maggio presso la libreria Il Collezionista di Lucca (piazza San Giusto, 1\2, tel. 0583/491212) alle ore 16, alla presenza dell'autore, Moreno Burattini. Nell'occasione sarà presente anche il disegnatore Marcello Mangiatini che ha realizzato la locandina dell'evento, e disegnerà in diretta per i fan. Inoltre, il rocker Graziano Romani eseguirà alcuni brani con la chitarra, tratti dal cd Zagor king of Darkwood".


La prima recensione del libro è stata scritta da Sergio Bonelli nella posta del numero di Zagor di maggio, "La progenie del male", dove viene spiegato che si tratta di un romanzo uscito a puntate sulla rivista "Darkwood Monitor" alla fine degli anni Novanta, ma il cui testo è stato rivisto e corretto dal sottoscritto. Giuseppe Pollicelli, autore dell'introduzione, ha paragonato il mio romanzo a una "dime novel", e questo mi ha fatto molto, ma molto piacere. Non a caso il nickname con cui gestisco un filo diretto e rispondo alle domande dei forumisti del forum SCLS è "Eddy Rufus", un personaggio della saga zagoriana che è appunto uno scrittore di racconti di quel tipo, che hanno Zagor come protagonista.



Le dieci illustrazioni inedite di dieci disegnatori, otto zagoriani e due guest star sono opera, in ordine alfabetico, di Emanuele Barison, Mauro Laurenti, Joevito Nuccio, Roberto Piere, Giuseppe Prisco, Michele Rubini, Gianni Sedioli, Marco Torricelli, Walter Venturi, Marco Verni. Poco sopra vedete il disegno di Nuccio, più in basso quello di Laurenti (ques'ultimo ve lo propongo in una versione leggermente diversa da quella che apparirà sul libro, così potrete divertirvi a scoprire le differenze). A loro va aggiunto Marcello Mangiantini, non presente nel libro ma autore della locandina dell'anteprima lucchese, di cui vedete qui accanto la bella matita. Perché una prima uscita pubblica proprio a Lucca? Per tre motivi: il primo è che Lucca è la città simbolo del fumetto in Italia; il secondo è che io, quando non sono a Milano per lavoro, vivo appunto a pochi chilometri dalle meravigliose mura del capoluogo toscano, in provincia del medesimo; il terzo è che a Lucca vive Giorgio Giusfredi, uno chef talentuoso che volentieri cucina per gli autori di fumetti di passaggio (tornerò a parlarvi di lui) ma che, soprattutto, è un abile organizzatore di eventi a cui si deve l'allestimento dell'iniziativa.

Dopo l'appuntamento lucchese, presenterò il libro anche a Parma Fantasy, a metà giugno. A Lucca verranno presentate anche altre novità che stanno per uscire a mia firma: il saggio "Guido Nolitta: Sergio Bonelli sono io" di Moreno Burattini e Graziano Romani (Coniglio Editore), che dovrebbe essere già disponibile in quella data, l'albo speciale a colori per il cinquantennale di Zagor "Lo scrigno di Manito" di Moreno Burattini e Gallieno Ferri (Bonelli Editore) e il primo Zagor Albo Gigante "Il castello nel cielo" di Moreno Burattini e Marco Torricelli (Bonelli Editore). Dal canto suo, Marcello Mangiantini presenterà il suo prossimo Maxi Zagor "Nelle terre dei Dakota" di Luigi Mignacco e Marcello Mangiantini (Bonelli Editore).
Torneremo a parlarne.

martedì 26 aprile 2011

CHERCHEZ LA FEMME

"Cherchez la femme": pare che il primo a scriverlo sia stato Alexandre Dumas e volentieri mi accodo a tutti coloro che l'hanno ripetuto. Anche perché, sia detto senza malizia, sono un sincero ammiratore dell'altra metà del cielo. A dire il vero ho anche preso in giro, qualche volta, le donne che il destino mette accanto agli appassionati di fumetti, ma non sono mai stato cattivo come Peyo che, in una storia dei Puffi intitolato "La Puffetta" fornisce gli ingredienti per una ricetta di donna, ben diversa da quella cantata da Ornella Vanoni.

Come (forse) non tutti sanno, la Puffetta, unica femmina nel villaggio dei Puffi, non appartiene alla loro razza ma è una creatura artificiale creata da Gargamella, lo stregone cattivo nemico degli ometti blu. A un certo punto della saga, Gargamella si chiede che cosa può fare per vendicarsi dei Puffi e dice: "Potrei dar fuoco alla foresta che circonda il loro maledetto villaggio! No, non è abbastanza crudele... farò un'altra cosa! Un sortilegio terribile che li costringa a chiedermi pietà! Una terribile maledizione! Manderò al villaggio una Puffetta!". Detto fatto, ecco gli ingredienti della formula magica: "Un pizzico di civetteria, un bel po' di partito preso, tre lacrime di coccodrillo, un cervello di gallina, lingua di vipera in polvere, un carato di furberia, una manciata di collera, un dito di menzogna, una goccia di ghiottoneria, un quarto di malafede, uno di incoscienza, un tratto d'orgoglio, un poco di invidia, una scorza di sensibilità, una parte di stupidità e una di astuzia, molto spirito e molta ostinazione...". C'è da notare che questa formula non crea la Puffetta bionda e sexy che conosciamo, ma una Puffetta sgraziata e con i capelli neri, che i Puffi trovano antipatica. E' il Grande Puffo che con una nuova magia rende la Puffetta sexy e tutti i Puffi cambiano atteggiamento e se ne innamorano. Ma perché vi sto dicendo tutto questo? Perché qualcuno molto meno misogino di Peyo, vale a dire il nostro Saverio Ceri, ha pensato di dedicare alle donne la sua ottava puntata di "Diamo i numeri", prendendo spunto dal recente sesto volume del Dylan Dog Color Fest, intitolato "Femmes fatales" e tutto realizzato (dai testi alla colorazione) da autrici donne.


Nell'elencare i nomi e le cifre della quota rosa di Casa Bonelli, Saverio ha citato tre splendide persone con cui ho avuto il privilegio di lavorare: Lina Buffolente, Lola Airaghi e Lucia Strufaldi. Le prime due hanno illustrato alcune mie sceneggiature (l'indimenticabile Lina, oggi scomparsa, è stata mia partner in diverse storie del Comandante Mark e Lola invece - accanto a me nella foto a sinistra - deve ancora finire di disegnare, sperando che prima o poi lo faccia, le ultime tavole di Occhi di Cielo), la terza è, come me, originaria di San Marcello Pistoiese e mi ha portato a leggere prima i suoi soggetti, poi le sue pagine di sceneggiatura, chiedendomi consigli. Le donne sceneggiatrici sono rare. Come le Puffette.



Diamo i numeri 8
L’altra metà del cielo
di Saverio Ceri


Nello sviscerare i numeri di Julia, in occasione della scorsa puntata di Diamo i numeri, ho notato come Laura Zuccheri fosse la disegnatrice di punta della testata. Pensavo fosse l’unico caso nella storia della casa editrice, e invece mi sono accorto che non era così. Dopo essermi sincerato che in Legs Weaver alla fine della serie il più prolifico ai pennelli è un uomo, nonostante l’ampio staff al femminile, ho dato un’occhiata anche alle altre brevi serie della casa editrice e… sorpresa!, c’è una serie che non solo vanta una donna al comando, ma anche una donna al secondo posto. Si tratta di Gregory Hunter, breve serie creata da Antonio Serra un decennio fa. Le due donne in questione sono Antonella Platano e Patrizia Mandanici.



Approfittando dell’occasione dell’uscita di un Dylan Dog tutto la femminile, ho voluto approfondire la presenza del gentil sesso nella storia degli autori bonelliani.Pur dovendo molto, se non tutto, a una donna, Tea Bonelli, che ha diretto la casa editrice nei primi, non facili decenni di attività, la Sergio Bonelli Editore, come è ovvio aspettarsi, essendo storicamente il fumetto una cosa da “maschi”, non ha visto in settant’anni di attività molte donne avvicendarsi ai pennelli e alla macchina da scrivere. L’apporto femminile rappresenta, numeri alla mano, solo il 3% della produzione complessiva. La prima mano femminile su una pubblicazione della casa editrice l’ha posata Liliana Fantoni autrice dei disegni di Gianforte, uno dei 6 volumi della collana del trifoglio edita come Editrice Audace nel novembre del 1953. Si devono aspettare poi altri 20 anni prima che un’altra donna entrasse nell’olimpo bonelliano. La prima storia del Piccolo Ranger firmata Lina Buffolente risale infatti al 1973, la prima donna alle sceneggiature sarà invece nel 1979 Andreina Repetto che ha firmato in coppia con Saio alcune storie sempre del Piccolo Ranger. Per la prima copertina si è dovuto attendere altri 4 anni con Anna Brandoli su Orient Express. Il primo personaggio femminile a dare il proprio nome a una collana è stata Bella, della piacevole, ma sfortunata serie western “Bella & Bronco” di Gino D’Antonio nel 1984. Solo oltre un decennio dopo toccherà a Legs, seguita da Julia, Gea e Lilith.
Le sceneggiatrici bonelliane, con le 4 new entry del Dylan Dog Color Fest, sono a oggi 19. A cavallo tra fine anni settanta e primi anni ottanta sono state soltanto cinque le scrittrici, di cui una sola su testate di fumetto “popolare”, ovvero la già citata Repetto. Le altre sono Silvana Gay sul deludente settimanale Full e Laura Battaglia, Lorena Canossa e Laura Scarpa sulla rivista d’autore Orient Express. Poi il vuoto per un decennio, fin quando nel 1994 Gabriella Cordone in coppia con Lisiero ha sceneggiato la sua prima storia di Nathan Never. Da allora, a parte il 1995, ogni anno ha registrato presenze femminili ai testi. Il massimo, come numero di tavole è stato registrato nel 2004 con 923 pagine “rosa”, ovvero il 4,75% della produzione di quell’anno. Quest’anno col Dylan Dog Color Fest, siamo a 269 tavole che però equivalgono al 5,34% delle tavole finora pubblicate: il 2011, per ora, è l’anno del record quindi. In generale dal 1979 a oggi sono state pubblicate 7350,5 tavole a firma femminile, che rappresentano l’1,38% della produzione complessiva della Bonelli. Il dato sale al 2,43% se si tiene conto solo della produzione del XXI secolo.


Questa la graduatoria completa:



Paola Barbato 3886 tavole
2° Angelica Tintori 959
3° Andreina Repetto 564
4° Silvana Gay 404
5°Gabriella Cordone 376,5
6° Claudia Salvatori 376
7° Renata Pfeiffer 300
8° Gelsomina Riccio 94
8° Elettra Gorni 94

10° Katia Albini 64

11° Susanna Raule 47
12° Lucia Strufaldi 44
13° Laura Battaglia 34
14° Vanna Vinci 32
14° Chiara Caccivio 32

16° Lorena Canossa 24

17° Silvia Mericone 16
17° Rita Porretto 16
19° Laura Scarpa 8


Paola Barbato da sola copre più del 50% della produzione in rosa di casa Bonelli, anche perché dal 2005 al 2010 è stata la sola sceneggiatrice in attività su albi bonelliani. Quest’anno ha segnato il ritorno di altre colleghe: le quattro del Dylan Dog Color Fest e Susanna Raule su Dampyr, vanno ad aggiungersi a Barbato, portando a 6 le sceneggiatrici dell’anno, eguagliando il record del 1998; e siamo solo a maggio.


Decisamente più corposo l’apporto delle disegnatrici nella storia della casa editrice. A parte lo storico, ma impercettibile contributo di Liliana Fantoni, sono altre 23 le ragazze che hanno contribuito a realizzare le 24637,5 tavole in rosa della casa editrice, che costituiscono il 4,63% dell’intera produzione. Se consideriamo solo gli anni dal 2001 a oggi l’apporto femminile sale al 6,45%, se invece ci limitiamo agli ultimi 2 anni siamo all’8,29%. L’anno record nel caso delle disegnatrici è stato il 2001 con 1938 tavole (9,26% del totale). Quest’anno siamo per ora a 471,5 tavole, ovvero il 9,36% del totale, e quindi sui ritmi dell’anno del record. Il 2003 e il 2010 l’anno più “affollato” di donne con 13 disegnatrici pubblicate.



Ecco la graduatoria:


Lina Buffolente 6137,3 tavole
2° Laura Zuccheri 2502,5
3° Patrizia Mandanici 2067
4° Lucia Arduini 1980

5° Luana Paesani 1820,7

6° Antonella Platano 1640,5
7° Anna Lazzarini 1118,5
8° Antonella Vicari 1098
9° Simona Denna 1097

10° Elena Pianta 940

11° Francesca Palomba 927

12° Lola Airaghi 855

13° Luisa Zancanella 672

14° Melissa Zanella 606

15° Vanna Vinci 324


16° Silvia Corbetta 257,5

17° Teresa Marzia 218,5
18° Elisabetta Barletta 188
19° Anna Brandoli 82
20° Valentina Romeo 47
21° Gabriella Molisso 27
22° Daniela Vetro 24
23° Laura Scarpa 8


Per 20 anni praticamente l’unica disegnatrice bonelliana è stata Lina Buffolente, a parte una breve parentesi nei primi anni ottanta con Brandoli e Scarpa su Orient Express e Molisso sul Piccolo Ranger. Finalmente nel 1993, prima con Paesani, poi con Zuccheri, Arduini, Platano e Denna, qualcosa si è mosso e le disegnatrici hanno stabilmente preso posto all’interno dei vari staff.
In totale le signore del fumetto bonelliano sono, a oggi 41; di queste 7 sono state impegnate anche come copertiniste, anche se l’unica titolare delle cover di una serie è stata Elena Pianta per Gregory Hunter.


In totale sono 36 le copertine al femminile, questo l’elenco completo:


Elena Pianta 17 cover
2° Laura Zuccheri 7
3° Anna Brandoli 4
4° Lina Buffolente 3
4° Antonella Platano 3
6° Anna Lazzarini 1
6° Lucia Arduini 1


Il sesto color fest di Dylan Dog è anche il primo albo Bonelli con testi, disegni e cover completamente realizzati da donne. Finora c’era stata l’accoppiata testi e disegni, su Legs, o disegni e cover, su Gregory Hunter, Brendon, Nathan Never, Legs , Mark e Julia, ma mai l’albo completo. Quali sono le testate che hanno lasciato maggior campo al gentil sesso? In quantità di tavole: Legs Weaver (6564 pagine tra sceneggiatrici e disegnatrici); in percentuale sul totale: Greystorm (29,99% della produzione porta firma femminile). Guardiamo più da vicino le singole graduatorie limitandoci, per brevità, ai primi 5 posti per categoria:


Tavole sceneggiatrici

1° Dylan Dog 3682 tavole
2° Nathan Never 771,5
3° Legs Weaver 722
4° Piccolo Ranger 564
5° Nick Raider 376



Tavole disegnatrici

1° Legs Weaver 5842 tavole
2° Piccolo Ranger 3861

3° Nathan Never 2668,5

4° Julia 2288

5° Comandante Mark 2069



Tavole totale (sceneggiatrici+disegnatrici)

1° Legs Weaver 6564 tavole
2° Piccolo Ranger 4425
3° Dylan Dog 3834
4° Nathan Never 3440
5° Julia 2288


“Quote rosa” sceneggiatrici

1° Dylan Dog 8,64%
2° Legs Weaver 5,28%
3° Orient Express 3,91%
4° Piccolo Ranger 2,17%
5° Nathan Never 1,85%



“Quote rosa” disegnatrici


1° Greystorm 59,98%
2° Gregory Hunter 51,27%
3° Legs Weaver 42,69%
4° Tuttowest(River Bill)27,08%
5° Brendon 17,68%



Quote rosa” Totale (sceneggiatrici + disegnatrici)


1° Greystorm 29,99%

2° Gregory Hunter 25,64%
3° Legs Weaver 23,98%
4° Tuttowest(River Bill)13,54%
5° Brendon 8,84%


Da quest’ultima graduatoria si nota come l’artefice dell’avanzata del gentil sesso in casa Bonelli non possa essere che Antonio Serra, curatore delle tre testate sul podio. Addirittura sul suo recente Greystorm le disegnatrici hanno realizzato il 60% delle tavole, anche se poi il disegnatore principe è stato Bignamini.Segnaliamo anche che Dampyr è l’unica serie che vanta una donna tra gli sceneggiatori, ma nessuna tra i disegnatori e che alcune serie non hanno mai visto all’opera nessuna rappresentante femminile, tra queste le storiche Tex e Zagor.



Saverio Ceri

venerdì 22 aprile 2011

COMUNICAZIONI DI SERVIZIO

Ci sono varie cose che mi riguardano, direttamente o indirettamente, di cui rendervi edotti. Procedo in ordine alfabetico.

Albetto Zagor

In occasione di Rimini Comics 2011, i cui giorni clou saranno il 22, 23 e 24 luglio, la Casa editrice Cartoon Club (la stessa di Fumo di China, per intenderci) darà alle stampe un nuovo albetto spillato dedicato a Zagor, simile a quello uscito a Lucca lo scorso autunno (che aveva ripubblicato a colori la storia di Amico Treno, "Il nuovo re di Darkwood"). Anche in questo caso ci sarà una copertina inedita di Ferri, e all'interno una storia di Nolitta & Donatelli recuperata dal remoto passato e, credo, piuttosto insolita e inaspettata, che tributerà anche al grande Frank Donat il giusto merito nei festeggiamenti del cinquantennale zagoriano. Ma ci sarà anche qualcosa di inedito firmato dal sottoscritto: una nuova storia autoconclusiva disegnata in coppia da Gianni Sedioli e Marco Verni, sulla falsariga delle due già realizzate in passato, in cui lo Spirito con la Scure incontra i suoi autori, e che vedremo riproposte prima della terza confezionata per l'occasione. A questo punto, queste brevissime storie stanno diventando una serie e chissà che non ce ne siano altre.

Per chi non sapesse di che cosa stiamo parlando, faccio un breve riassunto. Tutto è cominciato nel luglio 2007 a Paganine, in provincia di Modena. Lì, in un incontro-dibattito con il pubblico, io, come sceneggiatore, e gli amici Sedioli e Verni, disegnatori fummo invitati a mostrare come, praticamente, nasceva una tavola di a fumetti. Avevamo a disposizione un paio d'ore, e un maxi schermo per mostrare ai presenti le varie fasi della lavorazione. Perciò scrissi la sceneggiatura di una storia di Zagor che, incredibile ma vero, era perfettamente autoconclusiva in una sola pagina: c'erano un inizio, uno svolgimento, una fine. Gianni Sedioli schizzò le matite e mentre lo faceva già Marco Verni passava le chine. Il risultato fu così soddisfacente che la storia in una tavola è stata successivamente pubblicata, nel marzo 2009, sul n° 8 della rivista Walhalla. Intanto, però, gli organizzatori di "Godeg...a fumetti" mi aveano chiesto una storia breve inedita da pubblicare in un loro albetto in appendice a un classico zagoriano di Nolitta & Ferri. La sfida mi è subito apparsa intrigante: ripetere l'esperimento di due anni prima e realizzare un'altra storia che avesse un inizio, uno svolgimento e una fine, ma che riuscisse a compiersi in una sola tavola, cioè tre strisce. Io, Sedioli e Verni ci siamo immediatamente messi al lavoro. A distanza di ogni due anni, dunque, il trio tosco-romagnolo sforna una storiella nuova di una pagina. A questo ritmo, in poco meno di due secoli avremo realizzato un albo intero. Nell'immagine qui sopra, il manifesto disegnato da Laurenti per "Godeg...a fumetti" edizione 2009.
Intervista
E' stata pubblicata, sul sito della Sergio Bonelli, una intervista al sottoscritto. Oltre a molte anticipazioni sullo "zagorone", lo Zenith a colori e la trasferta, ci sono anche le copertine degli albi celebrativi e diverse tavole in anteprima sia di quelli che del viaggio. Ne vedete alcune anche qui attorno. A proposito di quella di Giuseppe Prisco, il disegnatore mi ha raccontato di aver appena assunto una signora peruviana che viene a fargli le pulizie, la quale è rimasta incredula nel vedergli disegnare quella pagina, perché lei è proprio originaria di Cuzco, la città i cui monumenti si riconoscono nelle strisce. La signora giura che la ricostruzione degli ambienti che abbiamo fatto è perfetta. Riporto qui di seguito solo l'inizio dell'intervista, giusto per farvi decidere se vi interessa leggere il seguito sul sito Bonelli. L'introduzione e le domande sono di Luca Del Savio.

Con il mese di maggio, iniziano i festeggiamenti per il cinquantennale di Zagor! Un traguardo straordinario che si celebrerà, ufficialmente, con il numero 602 della collana Zenith, tutto a colori, in edicola dal prossimo 3 giugno.

Sono dunque già trascorsi quasi 50 anni dal 15 giugno 1961, il giorno in cui lo Spirito con la Scure fece il suo esordio, ma l'eroe, nato dalla fantasia di Guido Nolitta (nom de plume del nostro editore, Sergio Bonelli) e reso graficamente dalle chine di Gallieno Ferri, non sembra sentire l'età e conoscere la stanchezza, sempre circondato com'è da tanti affezionati lettori. Per scoprire che cosa attende il re di Darkwood nei prossimi mesi e quali iniziative si stanno preparando per questa occasione davvero speciale, abbiamo parlato con il curatore della collana, Moreno Burattini, che ci ha presentato un menu davvero ricchissimo...
Cosa possono aspettarsi, dunque, gli "aficionados" zagoriani, per celebrare degnamente il cinquantennale?
Andiamo con ordine, poiché le cose che bollono in pentola non sono poche. Prima di tutto, parliamo di un evento molto atteso e richiesto. Da tanti anni, infatti, attraverso le lettere che giungono in redazione, i commenti che leggiamo sui forum o quelli che riceviamo ai vari incontri con il pubblico, ci sentiamo rivolgere la domanda: "a quando uno Zagorone? gli altri personaggi storici della Casa editrice hanno un albo gigante, tra le loro uscite, perché Zagor no?". Beh, come scrive Sergio Bonelli nella sua prefazione allo Zagorone, "scusate il ritardo"!


Siamo più che felici, infatti, di abbinare un'iniziativa editoriale del genere a un'occasione così speciale come il cinquantennale e, dunque, il prossimo 27 maggio, troverete in edicola "Il castello nel cielo", sceneggiato dal sottoscritto e disegnato da Marco Torricelli. La scelta del disegnatore a cui sarebbe toccato l'onore di illustrare il gigante è "caduta" su Torricelli sia per questioni di "anzianità" di servizio (dopo Ferri, troppo impegnato con l'albo a colori di cui vi dirò tra poco, è la matita che da più tempo lavora su Zagor) che per la sua passione per il fantasy. L'avventura di questo albo gigante, infatti, pur svolgendosi a Darkwood, presenta alcune componenti fantastiche che si adattavano perfettamente al segno del bravo artista genovese. Al creatore grafico dello Spirito con la Scure è toccato comunque il compito di donare al volume l'evocativa copertina. A completare lo zagorone, oltre alla già citata introduzione firmata dal nostro editore, troverete alcune pagine che si soffermeranno sull'avventura editoriale del nostro personaggio.
Per leggere il seguito, cliccate qui.

Premio Franco Fossati
Quando leggo, ammirato, i blog di Roberto Recchioni o Diego Cajelli, sempre aggiornatissimi e attentissimi alle novità, vedo come spesso ricevano richieste di diffondere certe notizie, dato che sono a tutti gli effetti siti molto seguiti e dunque vengono giustamente considerati opinion maker a cui chi fa comunicazione deve guardare con interesse e attenzione. Qui accanto Roberto è visto da Mannelli. In molti mi dicono che, quanto a brevità di testi, frequenza degli aggiornamenti, competenza tecnologica, conoscenza della Rete e argomenti di tendenza trattati e competenza nel trattarli, dovrei prendere esempio da loro (cosa che è sicuramente vera visto quel che avrei da imparare, fosse soltanto per capire come funziona uno smartphone, dato che il mio ho dovuto regalarlo a mio foglio per tornare a un primordiale modello a tastiera, dato che era diventato impossibile persino chiamare un tasto: "per confermare la richiesta, premere uno", diceva la voce registrata, e io come accidenti facevo se la tastiera non ce l'avevo? Provavo disperatamente a dare colpi su tutto lo schermo, senza nessun risultato se non quello di non confermare la richiesta e dunque perdere la prenotazione). Io invece parlo di libri di carta, di roba che non fa tendenza, di eroi vecchi di cinquant'anni, di autori e di poeti dell'Ottocento, di fanzine stampate con il ciclostile, chi vuoi che mi segua? Come ho già detto, però, il mio scopo non è di far proseliti (anche se le visite sono in costante aumento) ma solo di mettere in rete del materiale utile a futura memoria per chi volesse fare ricerche.
Perché vi sto dicendo tutto questo? Ah, sì. Perché per la prima volta da quando ho aperto il blog, mi è arrivato un comunicato stampa con la mitica frase: "con richiesta di pubblicazione". Che soddisfazione! Anch'io, nel mio piccolo, comincio a essere considerato un veicolo pubblicitario. L'unico problema è che si tratta del bando di concorso di un Premio al quale anch'io concorrerò, dopo aver già partecipato altre volte senza aver mai vinto. Perciò, se io non facessi pubblicità all'evento, ci sarebbero forse meno concorrenti e magari quest'anno potrei venire premiato. Che fare? Sto scherzando, è ovvio. Si tratta della quindicesima edizione del Premio "Franco Fossati", riservato alle opere di critica e saggistica sul fumetto scritte da autori italiani, organizzato da Cartoon Club e dalla Fondazione Franco Fossati, in collaborazione con l'A.N.A.F.I., il Centro Fumetto "Andrea Pazienza" e l'Anonima Fumetti. Editori o autori che volessero sottoporre i propri testi all'attenzione del Premio possono consultare il bando di partecipazione a questo link: cliccate qui. Aggiungo soltanto che ho conosciuto Franco Fossati, che era una persona di estrema cultura ma, nello stesso tempo, di estrema simpatia e disponibilità. Persino quando ero soltanto un giovane fanzinaro che stampava una rivistina da quattro soldi, si premurava di venirsi a procurare l'ultimo numero e se capitava l'occasione stava con noi ragazzi a pranzo, o a cena, come se fossimo suoi vecchi amici, lui che era stato direttore editoriale di Topolino e lavorava per le più grandi casi editrici, pubblicando un libro dopo l'altro.

Satanik
A proposito di grandi case editrici, la Mondadori ha cominciato a mandare in edicola i primi volumi della collana dedicata a Satanik, che fa il paio con quella di Kriminal uscita lo scorso anno. Vi avevo già anticipato qualcosa su questa iniziativa. Saranno 16 uscite, ciascuna contenente due episodi firmati Magnus & Bunker, per un totale di 32 storie scelte fra le prime cento. I commenti sono firmati da un nome che è una garanzia, quello di Paolo Ferriani, già editore di preziosi Index dedicati a Kriminal e Alan Ford e di un saggio su Gesebel a cui ogni cultore del fumetto dovrebbe dare la caccia benché esauritissimo. La cosa mi riguarda perché si tratta di una collana sorella di Alan Ford Story, che sto curando da 83 settimane e che non si sa ancora quando finirà (dopo essere stata per due volte raddoppiata, passando da trenta uscite a sessanta e da sessanta a novanta). Inoltre, Pasquale Ruggiero che allestisce gli allegati bunkeriani per Panorama e TV Sorrisi e Canzoni mi segnala che è stata aperta una pagina Facebook su Satanik . Il link è questo.
Voi che siete pratici, ditemi com'è perché io, oltre a non sapere usare lo smartphone, non ho neppure il profilo su Facebook. Ecco un'altra voce da aggiungere al famoso elenco "cose che tutti fanno e io no", insieme a quelle di cui vi ho già parlato come "non ho mai visto un film in 3D", "non ho mai visto una partita di coppa", "non ho mai ascoltato il discorso di fine anno a reti unificate del Presidente della Repubblica" e "non ho mai giocato alla playstation". Un giorno, forse presto, scriverò un articolo intitolato "Perché non uso Facebook". O forse no, meglio che non lo faccia, o non sarò mai trend e aggiornato come Diego e Roberto e anzi perderò punti agli occhi del mondo.

Zagor a Grazzano
Le iniziative zagoriane in occasione dei cinquant'anni dello Spirito con la Scure sono così tante che non riuscirò a essere presente a tutte. Per esempio, per andare a Narni a metà giugno alla festa organizzata dal forum ZTN dovrei rinunciare a presenziare alla mostra di Parma (con Ferri e Torricelli) e purtroppo non è possibile: la Casa editrice mi ha precettato appunto per quella. Nella foto qui accanto prendo la parola al raduno organizzato a Firenze due o tre anni fa proprio da quel forum. Per andare a Godega (Treviso) la settimana precedente dovrei non fare da testimone lo stesso giorno al matrimonio di mia sorella, a meno che lei non voglia farsi sposare dal sindaco di lassù: perciò, manderò Graziano Romani, sulle cui doti di showman non sussistono dubbi, a presentare al posto mio, dato che all'inizio di giugno sarà sicuramente uscito il nostro libro su Guido Nolitta edito da Coniglio. Ci saranno comunque anche altri autori, dal veterano Ferri al nuovo acquisto zagoriano (un disegnatore il cui nome sarà svelato quanto prima proprio su queste colonne), da Sedioli a Laurenti. Non ci sarò in agosto a San Marino (rappresentato anche in quel caso da validi sostituti), dato che quel giorno sarò in Sicilia. Ci sarà invece a Zagabria, Verona, Prato, Raiano (AQ), Rimini e Città di Castello. Un vero tour de force. C'è però un altro appuntamento a cui mancherò perché impegnato negli altri : quello di Grazzano Visconti (Piacenza). Il manifesto che vedete qua accanto mostra Zagor portato in trionfo, su un cavallo bardato come si usava nel medioevo, per le vie della pittoresca cittadina, dai colleghi Dampyr e Dylan Dog. Questo perché la mostra prevede una esposizione di tavole di tre autori piacentini Ecco comunque il comunicato ufficiale: dal 4 al 12 giugno, a Grazzano Visconti (PC), presso la libreria Semola (Piazza Giangaleazzo Visconti 6), si terrà la mostra "Eroi a Grazzano" che vedrà esposte tavole di Giovanni Freghieri (Dylan Dog), Paolo Bisi (Zagor) e Nicola Genzianella (Dampyr), autore anche della locandina che avete visto in apertura. I tre disegnatori saranno presenti all'inaugurazione, che si terrà sabato 4 giugno, alle ore 17:00. Per maggiori informazioni: tel. 0523 870770; info@libreriasemola.it
Ciò detto, resto in curiosa e fremente attesa di altre mail che mi dicano "con preghiera di pubblicazione", così che mi possa sentire un po' importante anch'io.

martedì 19 aprile 2011

ORIGINAL ARTS

Torno da Torino, dove stato per tenere una conferenza, con un aneddoto da raccontare. Innanzitutto, l'incontro presso la biblioteca del Collegio Universitario "Renato Einaudi" è andato, credo, molto bene. C'era, mi hanno detto, molto più pubblico del solito e per di più si trattava di un pubblico attento, come hanno dimostrato gli interventi e le domande. Ringrazio gli organizzatori, in particolare il moderatore al mio fianco Pierangelo Adduci e poi il direttore Andrea Fabbri in rappresentanza di tutti i suoi collaboratori.
Il collegio mi ha persino ospitato in una delle sue stanze e per una notte mi sono sentito un giovane universitario fuori sede, dato che l'istituto opera dal 1935 per aiutare gli studenti dotati di sicuro talento ma con minor mezzi economici, sulla base di principi laici.
Qui sotto vedete una foto scattata durante l'incontro.





L'aneddoto, però è questo. La mattina successiva alla conferenza, in attesa del treno che mi avrebbe riportato a Milano, ho visitato una fumetteria nei pressi della stazione. Ho fatto diversi acquisti, tra cui il volume "Capitan Kentucky" di Don Rosa e "Alis" di Nives Manara, e poi mi sono accostato alla collezione di tavole originali in vendita. Ce n'erano di bellissime, ovviamente, e alcune piuttosto costose. Alla fine, alla ricerca di un buon rapporto qualità-prezzo, ho finito per portarmi via un original art di Tex firmato da Erio Nicolò, e quando dico "firmato" intendo davvero con sopra la firma.



Infatti, sulla tavola acquistata, fatto che non è troppo frequente, compare la sigla "Nic" mimetizzata sul terreno della capanna, come potete vedere nell'immagine accanto (mi sono limitato a fare la scansione della prima striscia, ma possiedo anche le altre due). Altro elemento di pregio, il fatto che compaiano sia Tex che Carson, e che Tex vesta gli abiti di Aquila della Notte. Elemento invece che sminuisce il valore, il fatto che non si tratti di una pagina d'azione. Mi è capitato di scrivere parecchie volte a proposito del collezionismo di tavole originali e, a beneficio di chi volesse approfondire l'argomento, riporto in appendice un articolo che ho pubblicato una ventina di anni fa in una rubrica che tenevo sulle pagine di Bhang, rivista edita dalla MBP.Ma arrivo al punto.


Frugando fra gli originali del negozio torinese, saltano fuori dei disegni realizzati in modo molto approssimativo, di taglio decisamente dilettantesco, eseguiti su semplici fogli A4 di una carta peraltro alquanto dozzinale. Possibile che scarabocchi di quel tipo fossero finiti in mezzo alle tavole di Walter Molino e di Giovanni Ticci, fra le quali erano mescolati? Chi poteva esserne l'autore? Incredibile ma vero, ho subito riconosciuto la mano dell'incapace imbrattacarte: la mia. Si trattava di disegni da me eseguiti in anni passati, tutti per lo stesso motivo: descrivere con più immediatezza le gag di Cico che sceneggiavo per Francesco Gamba.



Ho sempre detto come fra le mie cose migliori io consideri quella ventina di "Speciali Cico" che ho sceneggiato dal 1991 (Cico Trapper) al 2007 (Cico & Company), ognuno di 128 pagine piene di sketch. Ricordo che una volta il recensore di Comic Art contò quante gag e battute c'erano in uno di quegli albi e si meravigliò del numero che risultava. Spiegare una gag a parole, però, non è facile se si vuole comunicare un'idea precisa al disegnatore chiamato a realizzarla, dato che l'unico modo per sperare di divertire il lettore è che di divertano gli autori. Così, cercavo di aiutare Gamba allegando decine di schizzi alle sceneggiature che gli consegnavo, alcuni dei quali vedete a corredo di questo articolo.

Gamba deve aver messo da parte quei miei disegni realizzati solo per i suoi occhi e poi, un giorno che ha venduto in blocco una cartella di suoi lavori, ci sono finiti per sbaglio anche i miei scarabocchi. Proprio il buon Francesco (un disegnatore che ho sempre amato molto) ha parlato dei disegni che gli facevo in una intervista rilasciata nel 1999 ad Angelo Palumbo e pubblicata sul volume "Zagor, un'avventura senza fine", edito da Salvatore Taormina nella collana "Cronaca di Topolinia Special". Ecco che cosa dichiara Gamba: "Moreno Burattini è un puledro rampante pieno di entusiasmo. Mi procura documentazione, mi allega suoi disegnini per mostrare ciò che vuole, si fa in quattro quando sono a corto di testi. Quando abbiamo realizzato Cico Paladino, ha schizzato di suo pugno i disegnini impressi sul lenzuolo che Cicobrando appende al muro. Io ho trovato quegli schizzi così adatti all'uopo, che li ho solo lucidati e ritoccati! Temevo di rovinarne in candore, ridisegnandoli".



L'aneddoto raccontato da Gamba è verissimo, e in effetti potrei persino dire che nelle quasi settantamila tavole di Zagor uscite negli ultimi cinquant'anni, una l'ho disegnata io! Andate a vedere la tavola 37 "Cico Paladino" e troverete i miei disegni utilizzati da Francesco nel racconto di Baiardo, il cavallo parlante di Rinaldo, quello che nelle mie rime comincia così: "Il prode Rinaldo, gran paladino / aveva bisogno di un cavallino, / così i genitori per il compleanno / compran Baiardo e glielo danno". Che bei ricordi. Peccato che gli Speciali Cico non escano più.


PIU' UNICI CHE RARI


di Moreno Burattini - da Bhang! (MBP)



Parlando di fumetti, capita talvolta di trovarsi a discutere su quali siano i numeri più rari di una serie o dell'altra. Ma per quanto raro possa essere un albo, c'è qualcosa che è addirittura unico: i disegni originali, realizzati a china sottoforma di tavola o di striscia, oggetto anch'essi di una caccia accanita da parte di collezionisti di tutto il mondo. Per un appassionato di comics, infatti, non c'è nulla di più gratificante che poter custodire fra i propri cimeli non solo gli albi ma anche gli originali dei personaggi e degli autori a lui più cari. Chi abbia amato Rip Kirby e Li'l Abner, oppure Tex Willer e Alan Ford non potrà non desiderare di possedere una tavola autografa di Raymond e Al Capp, di Galep e di Magnus: e chi ha la fortuna di disporre di simili tesori sa di avere tra le mani pezzi unici al mondo, di cui tutti gli altri hanno solo riproduzioni. Come al solito, i collezionisti d'oltreoceano sono riusciti ad organizzarsi meglio di noi. Negli States, il mercato degli original arts è regolato da precise normative e da cataloghi e prezziari come il "Collector's Choice" e la "Graphic Gallery" che trimestralmente forniscono agli appassionati elenchi di materiali cedibili e rigorose quotazioni stabilite in base alla qualità e alla rarità dei pezzi. Alcune di questi listini sono addirittura stampati su carta patinata e offrono riprodotti gli originali posti in vendita. In Italia invece il commercio è affidato all'iniziativa di pochi mercanti-collezionisti, rintracciabili tra i banchi delle principali Mostre-Mercato del fumetto. I prezzi delle tavole autografe variano enormente a seconda di alcuni fattori. Innanzitutto il primo elemento a determinare la quotazione di mercato di un originale è il nome dell'autore: è logico che disegni di Will Eisner, Milton Caniff o Carl Barks siano più ricercati e dunque più valutati di altri, e se la tavola reca in calce la firma apposta dal pugno dal disegnatore il prezzo sale ancor di più. Di fondamentale importanza è anche la presenza nelle vignette dell' eroe titolare della serie: se vi compaiono solo personaggi di contorno, la quotazione si svaluta. Conta molto anche la dinamicità dell'azione raffigurata: strisce con primi piani e lunghe didascalie sono meno apprezzate di altre con figure in movimento e inquadrature panoramiche. Bisogna inoltre considerare la data di realizzazione: logicamente, il materiale più vecchio ha maggior valore. Anche lo stato di conservazione concorre a stabilire la quotazione di un original art, così come il formato gioca la sua parte. Infine, last but non least, è la disponibilità sul mercato in ragione del rapporto domanda/offerta a quantificare definitivamente il prezzo, che in alcuni casi risulta davvero esorbitante. Qualche cifra? Alcune tavole di Raymond e altre di Carl Barks sono state vendute per somme corrispondenti a oltre sei milioni di lire (e pensare che di Barks sono disponibili solo originali dell'ultima produzione, dato che la maggior parte dei suoi lavori "classici" sono andati distrutti!). Più abbordabili le strisce di Brick Bradford, cedute a circa 400.000 lire l'una, e quelle di Dick Tracy, che si possono portare a casa per mezzo milione (va detto che le mode influiscono sulla quotazione e che film come quello di Warren Beatty contribuiscono alla lievitazione dei prezzi). Una striscia di Galep vale circa 350.000 lire, e con circa la stessa cifra si possono comprare le tavole a doppia vignetta di Alan Ford opera di Magnus. Vi sembrano prezzi troppo alti per le vostre tasche? Non scoraggiatevi: "A me è capitato di acquistare per 40.000 lire una bellissima strip di Johnny Hazard, autografata e in ottimo stato di conservazione - racconta Fabrizio Pieralli sulla fanzine Collezionare - ho potuto prenderla a un prezzo piuttosto basso perchè il commerciante ne aveva comprato negli USA un lotto di varie migliaia". Contrattando un po' con i mercanti è possibile strappare anche degli sconti, magari giocando su piccoli difetti nello stato di conservazione del materiali: "sfruttando questo fatto - prosegue Pieralli - sono riuscito ad acquistare una favolosa strip del 1939 di Al Capp, firmata e con l'immortale Li'l Abner a sole 50.000 lire, quando normalmente ne vengono richieste almeno 200.000". Spesso le strisce vengono suddivise dai mercanti in singole vignette e vendute un po' per volta: si tratta di un piccolo scempio, ma se non altro i single panels hanno il vantaggio di essere alla portata di tutti i portafogli. Inoltre, incorniciati ed appesi in bella mostra i nostri originali non hanno nulla da invidiare a certe stampe e certi quadri d'autore che costano senza dubbio molto di più.

sabato 16 aprile 2011

GRAN TORINO

Davvero un bel film "Gran Torino", di e con Clint Eastwood. Ma non è di quello che vorrei parlare, se non per consigliarvi di vederlo se già non l'avete fatto. Vorrei parlare proprio di Torino, città nella quale sto per tornare per una breve visita. Nel suo nome, peraltro, Torino contiene già l'anagramma della parola "ritorno", manca solo una erre. Essendo un nobile capoluogo che ha dato i natali a re e a principi, e che ospita famiglie della migliore aristocrazia, vanta anche ceti snob a cui la erre manca geneticamente, là dove si parla dicendo: mio caVO, veVsami puVe da beVe. Sto per tornarci perché a Torino ho trascorso tre mesi della mia vita (oltre ad averci fatto qualche altra sporadica capatina). Non proprio i tre mesi più felici ma, insomma, la colpa non fu della città.


Proprio nel post precedente, quello dedicato ai racconti di vita vissuta scambiati con gli altri durante una reunion dei compagni di classe a trent'anni dalla maturità, ho accennato al mio avventuroso servizio militare, fatto in anni in cui la leva era obbligatoria. Ecco, ho trascorso tre mesi di addestramento in una caserma proprio nel centro di Torino, in via Cernaia.

Sono stato, infatti, un carabiniere ausiliario e, prima di avere in dotazione una Beretta calibro nove parabellum lungo con cui ho anche sparato diversi caricatori nei poligoni di addestramento (e soltanto lì, per fortuna), sono stato un allievo carabiniere ausiliario, o ACA, come venivamo indicati in sigla noi del corso. "Siamo soltanto ACA vulgaris", diceva sconsolato un mio compagno di camera, anche lui come me uno dei pochi già grandi (ventisei anni) per motivi di studi universitari in mezzo a tanti diciottenni, lamentandosi della perdita della libertà dopo che i portoni della caserma si richiudevano alle nostre spalle.


Dopo il periodo torinese, durante il quale ho potuto comunque godere della vicinanza di Dante e Francesco Bastianoni, il primo dei quali già disegnava Martin Mystère mentre il secondo era coautore con me di "Battista il Collezionista", sono andato a fare il resto del servizio militare in una stazione di carabinieri in provincia di Arezzo.

L'esperienza mi fece concepire una serie a fumetti ambientata appunto in una caserma dell'Arma in un paesino di campagna ma un editore a cui la sottoposi la rifiutò e io la misi in un cassetto. Dopo l'avvento di una serie televisiva che, se non ricordo male, si chiamava proprio "Carabinieri" non credo proprio che rispolvererò il progetto.


Comunque, se siete curiosi, sappiate che uno dei giovani in divisa nel cortile della Cernaia che vedete nelle foto qua accanto, sono io. Vi ho raccontato tutto questo perché, appunto, lunedì passerò di nuovo davanti a quella caserma, dovendo spostarmi dalla stazione di Porta Susa (che è lì a due passi) e il luogo dove sono stato invitato a tenere una conferenza. Ieri ho ricevuto una telefonata da un amico torinese, Roberto Guarino, noto anche nel mondo dei fumetti per essere uno dei più grandi fan di Claudio Nizzi, che mi ha detto: "Ehi, ma c'è la tua foto su La Stampa! C'è scritto che verrai a parlare di fumetti all'Istituto Einaudi". Non credevo che ne avrebbero parlato i giornali: gli organizzatori della conferenza devono aver diramato qualche comunicato. Sono preoccupato pensando a quale foto avranno pubblicato e dove l'avranno trovata. Ma insomma, dato che ne parla la stampa (e in particolare La Stampa) ho pensato di darne notizia anche a voi, qui sul blog.


Lo faccio riportando pari pari la notizia data da afNews, e aspetto tutti i piemontesi (magari da Moncalieri potrebbe scendere persino qualcuno): potrete incontrare me e Guarino, dato che, a quanto pare sarà presente pure lui.


Il 18 aprile 2011 Moreno Burattini sarà ospite al Collegio Einaudi di Torino. L'incontro, che fa parte del ciclo di conferenze "Ti presento un autore", si terrà alle 18:30 presso la biblioteca della sede centrale del collegio, in via Maria Vittoria 39. Durante l'incontro, indirizzato prevalentemente ad un pubblico "a digiuno" di fumetti, ci sarà occasione di parlare anche del presente e del futuro di Zagor, di cui Burattini è il curatore e il principale sceneggiatore, con l'ausilio di foto e illustrazioni proiettate su uno schermo. In giugno, lo Spirito con la Scure festeggerà i suoi primi cinquanta anni e anche questa conferenza fa parte delle numerose iniziative in programma, che hanno visto gli autori tenere incontri persino con i detenuti di San Vittore. Tuttavia la scaletta prevede soprattutto la trattazione dei seguenti temi: Il fumetto come mezzo di comunicazione · Una "definizione" di fumetto · L'evoluzione del fumetto. Il ruolo del fumetto nella narrativa popolare · Il fumetto come sostituto della "narrativa di genere" nella letteratura italiana · Il lavoro dello sceneggiatore · Il lavoro del "curatore di testata". Introduce e modera il dibattito Pierangelo Adduci.

giovedì 14 aprile 2011

TRENT'ANNI DOPO

Quando l'ho raccontato ai miei figli, sono stato ascoltato con interesse e curiosità. Poi mi hanno sommerso di domande. Alla fine, una delle ragazze ha sospirato: "eeh, non vedo l'ora che capiti anche a me". E il giorno dopo, mi ha detto di aver fatto un patto solenne con alcuni dei suoi compagni di classe, giurando di non perdersi di vista e di ritrovarsi anche a distanza di anni dopo la maturità. Nel giugno prossimo saranno esattamente trent'anni da quando io ho superato la mia: l'occasione è servita a farmi ritrovare con una quindicina dei miei amici con cui ho condiviso per un lustro i banchi del Liceo Classico Cicognini di Prato, all'epoca in cui la città era ancora in provincia di Firenze.

Vi ho già parlato di loro e perciò sapete che c'era nell'aria una reunion. Alcuni, davvero non li vedevo dal giorno dell'ultimo esame scritto. Con altri, c'era stata un'altra cena diciassette anni fa. Pochissimi, un paio, quelli di cui avevo ancora i numeri di telefono. Non perché abbia voluto tagliare i ponti, ma soltanto perché il tempo è passato senza farci rincontrare. Mi sono trovato a percorrere strade diverse, sempre pensando che il giorno dopo, di sicuro, sarei passato a salutare Serenella o avrei telefonato ad Angelo per chiedergli che cosa stesse facendo di bello. Perché, ed è questa la cosa che più mi colpisce, soltanto adesso mi sono reso conto che tra il 1981 a oggi ci sono tre decenni nel mezzo. E' incredibile. Giurerei di aver lasciato i miei compagni in classe ieri mattina, o di avere continuato a vederli e a essere in confidenza con loro esattamente come ai tempi in cui sedevamo tutti insieme nell'aula della terza A. Invece ci sono trent'anni della loro vita che non conosco.

Eppure, è bastato rivederli per azzerare il tempo. Siamo sempre noi. Gli stessi dei tempi del liceo. Stessi occhi, stessi sguardi, stessi sorrisi, stessi gesti, stesse voci. Praticamente non ho esitato a riconoscere nessuno, tranne un paio di casi risolti comunque in dieci secondi, anche se c'è chi ha perso i capelli e chi ha acquistato chili (io, temo, tutte e due le cose). Nel giro di un minuto, eravamo di nuovo una scolaresca. La cameriera del ristorante cercava di zittirci per raccogliere gli ordini, e alzava la voce per far cessare il chiacchiericcio. Ci mancava soltanto che minacciasse di metterci una nota sul registro o di mandarci dal preside.


L'emozione ci ha impedito di sederci seconda una logica o di organizzare il tavolo nel modo più razionale e perfino di scattare foto decenti. Le poche che vedete in queste pagine sono decisamente orribili. O meravigliose, a seconda dei punti di vista. Le ha scattate Oria, che ha gli stessi occhietti vispi di sempre ma non sa strizzarli nel modo giusto per guardare dentro l'obiettivo. Però fu lei a farmi la foto che avete già visto, in cui dormivo come un putto del Tintoretto sul sedile del pullman che ci portò in gita a fare il giro delle ville venete.

Abbiamo preso la parola a turno, con i tempi contingentati, per riassumere come in un bignamino la nostra vita negli ultimi trent'anni. Io per primo, subito invitato a stringere il racconto perché mi sono allargato troppo fin dalla cronaca dei miei bizzarri esami universitari e del mio avventuroso servizio militare.


Ho scoperto che il mio più vecchio amico d'infanzia, Francesco, quello che mi ha prestato le prime cassette di Tozzi e i primi libri di Asimov, e seguendo il quale sono andato al classico (finendoci perché ci andava lui), si è laureato in teologia e ha fatto volontariato in Africa in un lebbrosario, prima di sposarsi e fare due figli: dov'ero io, mentre succedeva? Gli ho detto: c'è gente che scappa in Africa dopo essersi sposato e aver fatto due figli. Oggi comunque, Francesco da Tozzi si dissocia, da Asimov non so.

A proposito, Alessandra (elegante in camicia leopardata nella foto accanto) è diventata avvocata divorzista ma, stranamente, tutti i miei compagni, tranne il sottoscritto e la sprintissima Tiziana, stanno conducendo (suppongo felicemente) il loro primo matrimonio. Forse Tiziana è sprintissima proprio perché non lo sta conducendo.

Simone è il compagno di classe venuto all'appuntamento da più lontano: addirittura da Cuba, dove vive facendo il produttore musicale. Eccolo qui in camicia rossa da rivoluzionario castrista. Nella foto di classe di trent'anni fa aveva un cesto di capelli che nemmeno Caparezza. Andate pure a cercare di riconoscerlo, nella foto della quinta ginnasio. E' quello accanto a me, sempre che a mia volta io sia con un po' di sforzo riconoscibile.

E' riuscito a raggiungerci anche Antonello, eletto più volte in parlamento come deputato. E' stato l'ultimo a presentarsi, dopo una serata passata a mandarci messaggini in cui prometteva di arrivare da un momento all'altro. Le classiche promesse dei politici. Alla fine ci hanno buttato fuori dal ristorante che doveva chiudere e lo abbiamo aspettato in piedi sul marciapiede. E' arrivato che doveva ancora cenare, e non so come, ma gli è bastato bussare alla porta chiusa e dire due parole al cameriere che hanno riaperto il locale per lui. Io al ristorante ho difficoltà persino a farmi portare dell'acqua dal garçon di turno anche durante gli orari di apertura, neppure se mi sbraccio facendo le segnalazioni con le bandierine come i marinai delle portaerei.

Sergio si è ricordato che quando veniva a casa mia per studiare, ripartiva con lo zaino pieno di albi di Zagor che gli prestavo. E alla fine si portava dietro un borsone apposta per prenderne di più. Mi ha chiesto se i ragazzi di oggi leggono ancora i fumetti, dato che lui non conosce nessuno che lo faccia. In realtà sarebbe bello se i fumetti li leggessero ancora i ragazzi di ieri, come lui, che purtroppo ha smesso.

Mi sono trovato seduto accanto a due Daniele, una delle quali è la stessa ragazza che vedete nella foto d'epoca in fondo al post. Guardate la simpatica bionda nella foto al ristorante, e la ragazza con l'ombrello che mi ascolta divertita più in basso. Sono la stessa persona, che per fortuna mi sorride sempre. Le altre sono Paola e Sara, anche loro presenti al rendez vous, e tutte e due praticamente identiche a com'erano la notte prima degli esami. Ma davvero sono passati trent'anni?

martedì 12 aprile 2011

IL ROMANZO DI TEX


Fra le tante collezioni che faccio, come ad esempio quella degli albi a fumetti che erano in edicola il giorno della nascita, c'è anche la raccolta dei romanzi scritti da autori di fumetti. Credo di avere delle chicche molto interessanti, dal libro "Ultime lettere delle Sturmtruppen" di Bonvi a "L'estate dei dischi volanti" di Bepi Vigna, passando per le opere letterarie di Lorenzo Bartoli e Claudio Chiaverotti, Claudio Nizzi e Marcello Toninelli, Diego Cajelli e Cinzia Leone. E questo per limitarmi ad alcuni e, soprattutto, agli italiani, ovviamente.

Ma il libro che oggi mi sono fatto autografare dall'autore non l'ho preso semplicemente per aggiungerlo alla collezione. L'avrei acquistato anche se a scriverlo non fosse stato un collega sceneggiatore. E l'avrei fatto 1) per il soggetto, 2) per la qualità di scrittura. Quest'ultima mi era già nota sia perché sono in possesso in un altro libro scritto dal medesimo autore, sia perché conosco bene il talento del soggetto in questione, sia perché ho avuto la fortuna di leggere parte del manoscritto prima che fosse stampato, e di aver persino potuto dare qualche consiglio, essendomi stato richiesto. Sto parlando de "Il romanzo della mia vita", ufficialmente scritto da Tex Willer (questo il nome che compare in copertina) ma in realtà, come si legge a pagina quattro, opera di Mauro Boselli, "da più di vent'anni uno dei più amati e prolifici sceneggiatori delle avventure" di Aquila della Notte, come scrive Sergio Bonelli nella sua prefazione. E da più di vent'anni mio caro amico, oltre che a lungo mio editor e oggi mio compagno non solo d'ufficio ma anche di stanza in redazione.

Giustamente, Sergio fa notare come, rispetto ad altri suoi "non meno validi colleghi", Mauro abbia avuto la fortuna di conoscere bene Giovanni Luigi Bonelli. Boselli ebbe infatti come compagno di classe Giorgio Bonelli, figlio di Gianluigi e fratello di Sergio: capitava perciò che frequentasse la casa del mitico creatore di Tex, dal quale ricevette i primi suggerimenti su come si scrivono i fumetti e del quale fu per un breve periodo anche segretario tuttofare. Dunque, quando qualcuno in Mondadori ha avuto l'idea di commissionare alcuni romanzi pseudo-autobiografici dei grandi eroi del fumetto (il primo è stato Diabolik, e Tex giunge per secondo), subito in Via Buonarroti è stato precettato Boselli che, indubbiamente, aveva tutte le doti per riuscire nell'impresa, essendo un perfetto conoscitore del personaggio, della sua storia e della sua psicologia. Il romanzo si divora con facilità e soddisfazione pur essendo pieno di fatti e di personaggi, dato che non c'è né una parola di più, né una parola di meno di quelle che servono.



















Ciò che soprattutto colpisce è come, in soltanto duecento pagine, si copra un arco di avventure vastissimo, che vanno dalla nascita di Tex in un ranch del Texas meridionale fino al'affondamento della River Queen che conclude la vendetta di Aquila della Notte contro gli assassini di sua moglie Lilyth, vent'anni dopo la morte di lei. E il tutto senza che delle storie venga fatto un riassunto insipido. Al contrario. Questo perché la voce narrante è appunto quella di Tex Willer, un uomo di poche parole.

Ricordo quando Mauro Boselli mi confidava le sue intenzioni e mi spiegava come il racconto non potesse essere condotto che così, senza fronzoli ma non per questo senza emozioni, venendo fatto in prima persona da uno come Aquila della Notte, un tipo che punta al sodo, concreto e deciso,non avvezzo a girare attorno agli argomenti. Qualunque altra scelta (epica, lirica, intimista, psicologica, didascalica o, la peggiore di tutte, magniloquente) sarebbe stata sbagliata. Ci sono soltanto due momenti in cui Tex viene descritto dall'esterno: quando il giornalista che giunge al villaggio Navajo per intervistarlo nella primavera del 1899, Jack Granger, come il Ralph Fielding Snell de "Il piccolo grande uomo", descrive il suo incontro e il suo commiato da Aquila della Notte, il quale, indicando la sua gente, dice: "Sto invecchiando e non so quanto ancora potrò battermi al loro fianco".


La narrazione di Tex viene fatta, in più riprese, nell'arco di una settimana. Poi si interrompe là dove abbiamo detto, perché il vecchio Ranger deve partire, con Tiger Jack, per togliere il figlio Kit da certi guai in cui si è cacciato. Inutilmente Granger dice: "Ci sarebbero tante altre cose che vorrei chiedervi...". Chissà, forse un secondo romanzo potrebbe soddisfare le sue curiosità. E noi, che diversamente da lui sappiamo già che cosa è successo dopo l'affondamento della River Queen, in realtà abbiamo ugualmente voglia di sentirci raccontare quelle stesse cose dalla voce dello stesso protagonista, in grado di farne un'esposizione asciutta ma efficacissima. In grado anche, cosa che non guasta, di mettere ordine e fare chiarezza in avventure che Giovanni Luigi Bonelli ha scritto in anni in cui non importava troppo se una storia contraddiceva un'altra, purché ci fosse da sparare e fare a pugni.

A corredo del romanzo di Boselli, così come si usava nei libri di avventura di una volta, dodici illustrazioni di Fabio Civitelli, realizzate come se fossero incisioni ottocentesche. Io, che con Fabio ho realizzato un libro in cui le sue illustrazioni texiane erano quasi un centinaio, non posso che apprezzare.

sabato 9 aprile 2011

IL PARADISO DEI GATTI

Due giorni fa è morta Camilla. Era la nostra bellissima gatta. Non aveva ancora due anni. L'avevamo presa appena svezzata, come Viktor, l'altro micio di casa, entrambi rigorosamente trovatelli. Qualcuno (Bhushan M. Moretti) ha scritto: "Dio ha creato il gatto per permettere all'uomo di carezzare il leone".

Camilla era l'archetipo della felinità. Elegante, intelligente, agilissima ma anche felicemente pigra. Aveva il pelo lunghissimo e una coda vaporosa che così belle non ne ho mai viste. Ma erano i suoi occhi, soprattutto, a essere di una bellezza sconvolgente. Ti guardavano come se capissero non solo quello che le dicevi (e lo capiva davvero, senza ombra di dubbio), ma anche ciò che pensavi. Parlava, perfino. Diceva "miao", come tutti i gatti, ma ogni "miao" significava qualcosa che, incredibilmente, io riuscivo a interpretare. Molte volte era un semplice "ciao". La incontravo per strada, perché lei usciva e aveva tutti i suoi giri misteriosi, mi riconosceva e mi faceva "miao".

La notte dormiva con noi, sotto le lenzuola, con la testa appoggiata al cuscino come una bambina. Prima di addormentarsi, ciucciava come una poppante il pigiama di Alessandra, che l'aveva adottata con me. E facendolo, con le zampine premeva il suo petto come da piccola aveva fatto con il seno della mamma. Si vedeva che era femmina, rispetto a Viktor che invece è il prototipo del gatto maschio. Era leggera, delicata, silenziosa, aggraziata. E' morta dopo essere stata urtata da una macchina, probabilmente. Ha avuto la forza di avvicinarsi a casa e nascondersi sotto un'altra vettura parcheggiata, e lì l'abbiamo trovata, con gli occhi verdi ancora aperti e un po' di sangue alla bocca. Uno dei nostri figli l'ha riportata a casa e ieri sera l'abbiamo seppellita in giardino, dopo averla composta raggomitolata come si metteva sempre quando dormiva. Viktor, che adesso è rimasto solo, è stato tenuto chiuso in salotto perché non vedesse.

Ho avuto un flash e sono andato in biblioteca a recuperare un libro che ho letto una ventina di anni fa. "Pet Sematary" (ovvero "il cimitero degli animali"), di Stephen King. Scritto nel 1983, edito in Italia con lo stesso titolo da Sperling & Kupfer nel 1985. Il romanzo ha per protagonista Louis Creed, un medico di Chicago che si trasferisce, per motivi di lavoro, in un ospedale del Maine e va a vivere in una casa vicino alla piccola città di Ludlow con la moglie Rachel ed i due giovani figli, Ellie e Gage, oltre a Church, il gatto di Ellie. La casa si trova però nei pressi di una superstrada che è costantemente percorsa da grandi camion. A un certo punto, il gatto Church viene investito. Nella traduzione di Hilia Brinis, questo è il punto in cui Creed, avvisato dal vicino Jud, lo ritrova.

"Louis si inginocchiò a guardare il gatto. Fa' che non sia Church, si augurò fervidamente, mentre con le dita guantate ne girava delicatamente la testa. Che sia il gatto di qualcun altro, che Jud si sia sbagliato. Ma era Church, naturalmente. Non era per niente maciullato o sfigurato; non era stato investito da una delle grandi autocisterne che percorrevano la statale Quindici. Gli occhi di Church erano semiaperti, vitrei come due biglie verdi. Dalla bocca, aperta, era uscito un piccolo fiotto di sangue. Non molto: quel tanto sufficiente a macchiare la parte bianca sul petto".

E' esattamente la stessa scena di cui sono stato protagonista anch'io, con Camilla. Louis, nel romanzo di King, capisce di dover dire alla figlia che il suo gattino è morto, e non sa come fare, perché gli torna alla mente un episodio precedente in cui Ellie, dopo aver visto un cimitero per animali, si era disperata pensando che anche il suo gatto Church avrebbe potuto morire. Ho cercato anche quella pagina, perché la ricordavo disperatamente bella. Ecco il dialogo fra padre e figlia riguardo alla morte.

"Church ha soltanto tre anni e tu ne hai cinque. Potrebbe essere ancora vivo quando ne avrai quindici e farai già la seconda liceo. C'è tanto tempo, in ogni modo".

"A me non sembra lungo - disse Ellie, e ora la voce le tremava - Non sembra lungo affatto".

"Tesoro , se dipendesse da me, farei in modo che Church arrivasse almeno a cento anni. Ma non le ho fatte io, le regole".

"Chi le fa? - domandò lei, e poi, con infinito disprezzo - Dio, scommetto".

"Dio o qualcuno. Gli orologi si scaricano: è tutto quello che so. Non ci sono garanzie, piccola".

"Non voglio che Church finisca come tutti quegli animali morti! - proruppe lei, improvvisamente furiosa e in lacrime - Non voglio che Church sia morto, no e no! E' il mio gatto! Non è il gatto di Dio! Dio si tenga il suo, di gatto!".


Neppure io capirò mai fino in fondo perché Dio abbia voluto, se l'ha voluto lui, la morte di Camilla. Non capisco neppure perché mi si dica che noi uomini, dopo morti, andremo in Paradiso (o in qualche altro posto meno fortunato, ma insomma, da qualche parte andremo), e i gatti no. Non c'è il paradiso dei gatti. Loro, mi è stato detto, non hanno un'anima e noi uomini sì. Ammesso che sia vero, mi chiedo in quale momento dell'evoluzione a noi è stata concessa e a loro no, dato che, com'è anche facile vedere riflettendo sulla nostra anatomia, gli uomini e i gatti hanno un antenato comune in una specie di lemuri. La coda di Camilla lo dimostrava senza bisogno di prove genetiche. Io non so dove finirò dopo morto ma, Dio, per favore, fammi ancora carezzare Camilla e fammi sentire di nuovo le sue fusa.


Nelle foto, mia figlia Alice e io con Tobia, un altro gatto che abbiamo avuto. Nell'altra, Camilla e Viktor.