martedì 8 maggio 2012

LETTI A LETTO

Non so voi, ma io non riesco ad addormentarmi se non stringo un libro in mano. E’ più forte di me. Se, per pura disgrazia, non ho qualcosa da leggere, posso stare ore con gli occhi spalancati nel buio a fissare il soffitto nero. Ogni sera, il segnale che è il momento di spegnere la luce e girarmi su un fianco in posa fetale è la seconda volta che il volume mi cade sul petto mentre lo leggo. Se  libro è particolarmente avvincente come quello delle ultime sere (“Flashback”, di Dan Simmons), può accadere anche alle due e mezzo o alle tre di notte. Ovviamente non leggo soltanto a letto, ma anche in treno, in bagno, nelle sale d’attesa, sul divano mentre aspetto la cena. Ho un audiolibro nell’Ipod e lo sento  mentre cammino da casa fino in ufficio, e ne ho un altro su CD da sentire in macchina mentre guido. Ma il materasso è il massimo che c’è, come giustamente cantavano quelli della notte. Ecco dunque le recensioni dei libri che ho letto a letto nel mese di aprile.


John Curran
I QUADERNI SEGRETI 
DI AGATHA CHRISTIE
Oscar Mondadori, 2010


Una decina di anni fa sono stati ritrovati, in una scatolone nella casa della scrittrice, 73 quaderni contenente frettolosi appunti scritti a mano dalla Christie nel corso di oltre cinquant'anni. Della loro esistenza si sapeva perché la giallista ne aveva parlato nella sua autobiografia, raccontando di averli usati fin dai tempi del primo romanzo per prendere nota delle sue idee, ma di avere anche il difetto di perderli continuamente. Li perdeva e li ritrovava, visto che ogni quaderno contiene appunti riferibili a libri diversi e di epoche diverse, in un calderone inestricabile di scarabocchi di ogni tipo, dall'elenco per i regali di natale ai tentativi di risolvere delle parole incrociate. John Curran, un christologo di prim'ordine, si è preso la briga di decifrare uno per uno tutti i quaderni, convincendosi che sono pochi quelli ad essere stati definitivamente smarriti e assemblando gli appunti sparsi in capitoli riferibili a un periodo o a un romanzo preciso, e commentando ogni annotazione con acume e perspicacia, in modo da svelare in modo brillante il modo di lavorare di lady Agatha. Vedere come la scrittrice ragionava sulle sue trame e cercava di trovare il modo giusto per ingannare i suoi lettori è elettrizzante. Si fanno anche delle scoperte interessanti: per esempio, i personaggi di "Dieci piccoli indiani" all'inizio dovevano essere dodici, "Poirot sul Nilo" avrebbe dovuto essere un romanzo di Miss Marple, il finale di "C'era una volta" originariamente era diverso, per quello di "E' un problema" erano state valutate più soluzioni, e via dicendo. Su Agatha Christie io ho scritto un fumetto, illustrato da James Hogg, pubblicato su "Il giornale dei misteri": ma ogni mio "giallo" zagoriano è costruito secondo gli schemi della magistrale Agatha. Questo libro, è consigliato a tutti coloro che, come me, la adorano.


Frank Schätzing
LIMIT
Editrice Nord, 2010


Lo confesso: è stata un’impresa e anche un po’ una fatica arrivare in fondo alle quasi 1400 pagine scritte fitte fitte di “Limit”. Anche per un lettore veloce come me, ci sono voluti tempo e concentrazione. In fondo al tomo c'è un dizionario dei personaggi principali, giusto per non far perdere il filo ai più distratti, e ci sono novantacinque nomi. Lo scrittore a cui mi sento maggiormente di avvicinare Schätzing è Michael Chrichton, per il suo saper disegnare scenari futuribili che trovano le loro radici già nel presente. Ma forse, allora, potremmo anche accostarlo a Jules Verne. L'azione è ambientata nel 2025, in un mondo che sta per esaurire le riserve di petrolio ma pare prospettarsi una alternativa: l'elio-3 (un isotopo dell'elio), che l'assenza di atmosfera ha consentito di accumulare nella regolite (la polvere che copre il suolo della Luna). Sia gli Stati Uniti che la Cina hanno installato basi minerarie sul nostro satellite e scavano la regolite: i contrasti per lo sfruttamento dei giacimenti stanno conducendo i mondo a una nuova Guerra Fredda e sull'orlo di un conflitto mondiale. Le miniere lunari sono state rese convenienti grazie all'invenzione di un "ascensore" verso lo spazio ideato dalle industrie Orley: si tratta di un lunghissimo cavo costruito con una particolare fibra di carbonio, che collega una stazione orbitante a un'isola equatoriale terrestre, lungo il quale salgono e scendono carichi diretti verso la Luna. Il principio con cui funziona l'ascensore è lo stesso del lancio del martello nelle gare di atletica: la terra ruota, il cavo si tende, la stazione orbitante è il peso che lo fa tenere in tensione grazie alla forza centrifuga. Tutto ciò sembra fantascienza, ma soltanto in parte lo è: si tratta di idee su cui davvero gli scienziati stanno lavorando, esattamente come nel caso di "Jurassic Park", in cui si delineavano scenari alla portata della moderna tecnologia genetica. Julian Orley, il magnate visionario che ha costruito l'ascensore, intende sfruttare la Luna anche come meta turistica e ha costruito nelle vicinanze del Polo Nord addirittura un albergo, che inaugura portandoci in visita un gruppo di VIP, tra i quali alcuni che spera di far diventare suoi soci. Intanto, sulla Terra, a Shangai, un detective privato, Owen Jericho, incaricato di ritrovare una studentessa scomparsa, scopre per caso gli indizi di un complotto contro Orley e contro la base estrattiva americana. Un complotto, a detto, complicatissimo e degno di una spy story, in cui entrano in gioco mercenari, dittatori africani, killer cinesi e chi più ne ha più ne metta. Il finale è sorprendente, e tutta la trama sembra pronta per farne un filmone. Ogni capitolo, sia quelli ambientati sulla Terra che sulla Luna, propone scenari intriganti riguardo alla tecnologia del prossimo futuro, allo sviluppo delle dinamiche sociali, alla geopolitica del prossimo decennio. Peraltro, la fine delle scorte di petrolio non è uno scenario particolarmente fantastico: è la realtà che stiamo vivendo. Personalmente ho apprezzato di più le parti del romanzo che si svolgono sulla Luna, meno quelle terrestri, soprattutto le pagine che hanno per sfondo la Cina, divenuta una superpotenza caotica. Certo, che se Schätzing fosse riuscito a comprimere la sua complicata storia nella metà delle pagine, sarebbe più facile per tutti arrivare in fondo.

Antonio Zamberletti
SILENZIOSI NELLA NOTTE
Todaro Editore, 2008


La mia copia di "Silenziosi nella notte" si fregia anche di una dedica autografa dell'autore, dato che, in ambito zagoriano, io sono il suo editor. Zamberletti è, infatti, l'ultimo acquisto in ordine di tempo nella pattuglia degli sceneggiatori dello Spirito con la Scure. Ha già completato una prima storia e ne sta terminando un'altra. E' giunto in Bonelli forte della sua esperienza di giallista (tre titoli pubblicati) e di autore di fiction televisive. Si tratta senza dubbio di uno scrittore di razza. A me hanno affidato il compito di fargli prendere confidenza con la sceneggiatura fumettistica, perché non è automatico che chi scrive per il piccolo schermo o pubblica libri conosca anche tutti i trucchi del mestiere del comic writer. Antonio si è dimostrato un buon allievo, nel senso che non si è mai dato arie da artista della penna ed stato attento a recepire tutti i miei consigli. E' dunque con curiosità che mi sono accinto a leggerlo come romanziere. "Silenziosi nella notte" (il titolo prende in prestito il motto di un plotone di soldati italiani in missione all'estero) è il terzo romanzo con protagonista Vincenzo Torres, un investigatore privato attivo nella Milano dei giorni nostri, una sorta di Philip Marlowe, nei pregi e nei difetti. E' un tipo tosto e tenebroso, duro e spiccio, con un passato pieno di fantasmi e una determinazione inarrestabile, solitario e senza affetti - però, appunto per questo, finisce per assomigliare un po' troppo allo stereotipo del private eye. Ciò che rende particolare Vincenzo Torres sono i suoi trascorsi nell'esercito (ha partecipato a varie missioni cosiddette "di pace") prima e nella polizia poi. Durante queste esperienze ha visto cose che noi umani non potremmo immaginare. Gli sono morti amici, ha partecipato a scontri a fuoco, sa usare armi da guerra, conosce gli scenari delle zone calde del mondo e ha amici e nemici tra i reduci e i riciclati. Le storie di cui Torres è protagonista vedono perciò muoversi sulla scena mercenari, trafficanti di droga, spie internazionali, poliziotti corrotti, infiltrati, mafiosi. Non si tratta di gialli patinati in cui l'investigatore indaga senza sporcarsi le mani. "Silenziosi nella notte" vede Torres cercare di scoprire perché è stato ucciso il Duca, un ex pilota di aerei militari, un tempo impiegato nei bombardamenti in Serbia. La storia è dura e coinvolgente. Tuttavia, vista appunto la durezza, non ci si può fare a meno di chiedere se davvero i nostri soldati in giro per il mondo abbiano fatto o visto le cose di cui Zamberletti ci racconta, se sul serio i nostri poliziotti e carabinieri siano i tipi tosti che ci descrive. Purtroppo siamo abituati a considerare gli scenari internazionali come adatti a un certo tipo di fiction e dunque non ci sono problemi a sospendere l'incredulità sulle vicende ambientate nei bassifondi di New York o di Mosca. Se la stessa storia si svolge a Quarto Oggiaro o a Melegnano (là dove le indagini conducono appunto Torres) ci viene quasi arricciare il naso, chissà perché.


Tiziana Lo Porto 
e Daniele Marotta
SUPERZELDA
Minimum Fax, 2011


Il sottotitolo di “Superzeda” spiega che si tratta de "la vita disegnata di Zelda Fitzgerald", e dunque di una biografia a fumetti. Nell'accezione più comune (e sbagliata) del termine, quando si dice "a fumetti" si intende "superficiale", "di poche pretese", "all'acqua di rose", se non addirittura banale o senza spessore. Invece, "Superzelda" dimostra come la storia di una vita possa essere raccontata a fumetti con una documentazione che non ha nulla da invidiare a quella di un saggio, con l'aggiunta però del surplus emozionale e di suggestioni tipico della narrazione per immagini. Narrazione che, nel caso dei disegni, è arricchita dalla capacità evocativa del segno grafico, superiore all'univocità delle fotografie o dei filmati, che lasciano assai meno spazio all'interazione con il fruitore. Zelda Sayre, nata il 24 luglio del 1900 in Alabama, è nota soprattutto per essere stata la moglie e la musa ispiratrice di Francis Scott Fitzgerald, l'autore de "Il grande Gatsby" e di "Tenera è la notte". Il libro di Tiziana Lo Porto e Daniele Marotta finisce per essere, in pratica, la biografia di entrambi, essendo stati una coppia indissolubile, nella buona e nella cattiva sorte. Ma Zelda ne esce fuori come un personaggio in grado di brillare di luce propria per vitalità, trasgressività, complessità psicologica, nei pregi e nei (tanti) difetti: mai succube o ancella del genio letterario del marito, in grado di creare delle mode (da lei nacque il look della "maschietta", tipico degli anni Venti), protagonista del jet set e viaggiatrice nel mondo della sua epoca, per molti aspetti più libero e disinibito del nostro, la Fitzgerald fu essa stessa scrittrice, ma anche pittrice di successo e ballerina di talento. La storia della sua vita diventa, a un certo punto, il racconto di un disagio mentale, di una progressiva e altalenante discesa nella follia, e assistiamo ai suoi ripetuti ricoveri in cliniche psichiatriche in cui probabilmente finisce per scontare gli eccessi della sua gioventù. I disegni di Marotta ricreano le suggestioni grafiche del terzo decennio del Novecento e, pur lontanissimi dal realismo grafico bonelliano, sono perfettamente funzionali al racconto emozionale e rendono empatici con la protagonista. I testi della Lo Porto alternano il didascalismo alle parti dialogate, riuscendo a rendere il libro qualcosa di diverso sia da un romanzo che da un resoconto biografico di taglio saggistico o giornalistico: del resto, la scelta del fumetto come strumento di comunicazione favorisce di per sé l'ibridazione dei media. Infine, last but not least, c'è da segnalare che l'editore non è specializzato in graphic novel, non distribuisce soltanto in fumetteria e il pubblico a cui si rivolge non è quello di nicchia del circuito dei comics: il rinnovato interesse verso le opere di Francis Scott Fitzgerald, riaccesosi dopo che i suoi libri sono diventati di pubblico dominio, ha fatto sì che anche "Superzelda" potesse rientrare in una operazione editoriale di più ampio respiro. Sarebbe bellissimo se Lo Porto e Marotta potessero avere un successo tale da far aprire le porte di tutti gli editori verso gli autori di fumetti e la loro capacità di veicolare contenuti di tutti i tipi.


Paco Roca
L’INVERNO DEL DISEGNATORE
Tunué, 2011

Mi è capitato di citare “L’inverno del disegnatore” parlando con un amico che non sapeva di che cosa si trattasse. "E' un graphic novel, un fumetto d'autore", ho spiegato. Ho visto l'altro storcere la bocca. "Sì, ma di quei fumetti d'autore che piacciono anche a noi", mi sono affrettato a precisare. Già, perché non è mica obbligo che tutti i tratti autoriali piacciano all'universo mondo soltanto perché sono firmati un nome che ha vinto un premio importante. Anzi, nel caso del cinema io mi tengo rigorosamente lontano, dopo essere rimasto scottato parecchie volte, da tutti i film che vincono Venezia, Cannes o Berlino. Paco Roca, invece, ha vinto tutti i premi che si potevano vincere, ma mi piace immensamente. Ho letto, un paio di anni fa, il suo volume "Rughe", che parla dell'Alzheimer, e, indipendentemente dal fatto che di questa malattia di possano dare raffigurazioni ancora più tragiche o realistiche (come mi ha detto qualcuno che ritiene quella di Roca troppo edulcorata), mi sono commosso. L'ho trovato un libro bellissimo, scritto bene, disegnato meglio: l'ho fatto leggere ai miei figli e tutti sono rimasti appesi alle pagine. "L'inverno del disegnatore" è un altro capolavoro. Peraltro, tratta di un argomento che, in qualche modo, mi riguarda da vicino: le vicende di una casa editrice di fumetti, la vita dei suoi autori. Siamo nella Spagna franchista degli anni Cinquanta. I fumetti della Casa editrice Bruguera vendono centinaia di migliaia di copie per numero, i suoi personaggi sono tra i più popolari. Però, i disegnatori che li realizzano vengono considerati semplici impiegati obbligati a consegnare le loro tavole secondo rigidi quantitativi in cambio di uno stipendio fisso, senza alcun tipo di riconoscimento del successo ottenuto. Pressati dalle difficoltà economiche e dalla mancanza di gratificazioni, i cinque migliori autori decidono di mettersi in proprio e mandare in edicola una rivista, "Tio Vivo", di cui saranno essi stessi sia gli artefici che i direttori. La Bruguera non sta a guardare e tenta, tramite pressioni politiche, prima di far negare le autorizzazioni necessarie alla stampa della nuova testata, poi di rendere difficile la distribuzione. "Tio Vivo" finisce per non trovarsi nei punti vendita. Alla fine, il gruppo dei transfughi è costretto a tornare all'ovile con la coda fra le gambe. Però, l'idea che agli autori vadano riconosciuti i meriti del loro lavoro comincerà a fare strada. Paco Roca racconta il desiderio di libertà e di gratificazione, prima che la rivendicazione di diritti economici: sono in fondo le aspettative alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità che la Dichiarazione d'Indipendenza americana riconosce a ogni uomo. Roca, oltre che un grande sceneggiatore di se stesso, è un eccellente disegnatore e colorista, e i colori hanno una grande importanza in questo volume, dividendo i salti temporali (in avanti e indietro negli anni). I personaggi sono tutti reali. A me è piaciuto ritrovare, in alcune vignette, il mio amato Francisco Ibanez, l'autore di Mortadelo y Filemon, l'unico spagnolo di cui mi sono comprato quasi l'opera omnia in lingua originale, visto che da noi non è stato tradotto (non ho mai capito perché), quasi niente.


Luca Enoch 
e Andrea Accardi
HIT MOLL
BD, 2011
C'ero anch'io, nella giuria presieduta da Michele Ginevra, che assegnò il prestigioso Gran Guinigi a Lucca Comics 2004 ad Andrea Accardi, e naturalmente fui tra quelli che sostennero la candidatura (proposta dal presidente) e la votarono. Sono stato perciò a lungo in attesa di poter leggere "Hit Moll - Una ragazza pericolosa", scritto per Accardi da un altro dei miei autori preferiti, Luca Enoch, annunciato come un titolo della collana "Romanzi a fumetti" della Bonelli. Solo che, alla fine, la Casa editrice di Via Buonarroti non l'ha pubblicato. Pare che Sergio Bonelli, leggendo l'opera giunta a conclusione, l'abbia ritenuta non adatta alla serie e forse non in linea con gli standard bonelliani (del resto, non si potrebbe chiedere alla Walt Disney di pubblicare un fumetto erotico). Così, d'accordo con gli autori, i diritti sono stati dirottati verso un altro editore, la BD di Marco Schiavone e Tito Faraci, che hanno pubblicato il racconto nel 2011. Ieri, con un po' di ritardo dovuto alla lunga lista di attesa sullo scaffale vicino al comodino, l'ho letto. E l'ho letto tutto d'un fiato, dato che la storia è coinvolgente, piena di colpi di scena (e di colpi tout-court), e con un finale che non delude le attese. Resta da capire il perché non abbia potuto essere un volume dei "Romanzi a fumetti". E' troppo violenta? Sicuramente lo è, ma in fondo anche ne "Gli occhi e il buio" il sangue scorre in abbondanza. C'è troppo sesso? Non certo di più di quanto ce ne fosse in "Gea". Chissà che non siano stati invece proprio i disegni di Andrea Accardi a posizionare "Hit Moll" fuori dal seminato. Disegni, va detto, graffianti ed efficaci, ma più border line rispetto alla pulizia grafica e formale di altre sue storie precedenti. Qui lo stile adottato è sporco e trasgressivo, in linea con l'argomento noir, ma indubbiamente non riconoscibile come "bonelliano" (fin già dal bordo irregolare del riquadro delle vignette) da parte del lettore che avesse sfogliato il "Romanzo" prima dell'acquisto e che si aspetti invece un disegno più rassicurante (e del resto una Casa editrice tende a essere riconoscibile presso il suo pubblico fin dalla veste grafica). Comunque sia andata, "Hit Moll" è arrivato nelle mie mani e mi è piaciuto molto. La storia è quella di Corinna, una giovane donna mulatta figlia di un killer della mafia, Giovanni, che l'ha addestrata a compiere delle missioni per lui. Quando il padre viene colpito da un ictus e non è più in grado di lavorare, lei, devota al limite dell'adorazione, finisce per sostituirlo portando a termine incarichi che sembrano impossibili. Finché scopre che il suo amore verso il genitore non è esattamente ricambiato e che Giovanni... vabbè, non ve lo racconto il proseguo della storia, perché sarebbe bello se tutti la leggeste! In appendice al libro c'è un breve racconto di dieci tavole scritto e disegnato dal solo Luca Enoch, dal titolo "Non è un lavoro per donne", che vale da solo il prezzo del volume. Anche in questo caso, c'è di mezzo una killer e ugualmente si tratta di un lavoro commissionato e poi non pubblicato dal committente, intimidito dalla troppa violenza (che invece, secondo me, non c'è). Evidentemente le cattive ragazze non hanno vita facile, in anni di political correctness.