martedì 25 febbraio 2014

IL GHIACCIO VIVENTE






Tra Ushuaia, capoluogo della Terra del Fuoco, ed El Calafate, nella Patagonia continentale, ci sono circa 900 chilometri e un'ora e mezzo di volo. Gli aeroporti funzionano benissimo, nessun problema di collegamento. Lungo il viaggio si rimane stupiti per l'aspetto desertico delle lande si sorvolano: sconfinate distese di mese rocciose o sabbiose, dall'aspetto tipicamente western, senza traccia di vita umana fin dove arriva lo sguardo, ma solcate dagli elzeviri di fiumi contorti dal colore di un azzurro più prossimo al celeste che al blu, una sfumatura innaturale e lattiginosa di turchese. 

Il lago Argentino nei pressi di El Calafate
Ci si chiede che cosa possa colorare così quelle acque, e perché, se acque sono, non ci siano alberi o erba tutt'intorno. Un po' di informazioni rimediate all'arrivo spiegano il mistero. La Cordigliera delle Ande, con le sue cime molto alte, blocca le nubi provenienti dall'oceano Pacifico, gonfie di pioggia, e le fa precipitare sulle sue montagne sotto forma di precipitazioni temporalesche o di nevicate. Quando le nubi superano la barriera sono ormai scariche e a valle, sul lato argentino, tolta la zona immediatamente a ridosso delle alture, le piogge sono scarsissime. Se si aggiunge il vento forte che soffia perenne, non c'è modo di far crescere delle foreste. Così, altopiani e pianure verso est sono spettacolarmente asciutte, desertiche, come in Arizona o nel New Messico, e non ci si meraviglierebbe di vederci galoppare Tex Willer e i suoi pards, in mezzo ai bassi cespugli e i rovi di spine su cui maturano delle bacche violacee simili a mirtilli, chiamati Calafate (che danno il nome alla zona o, chissà, viceversa). Raccoglierle è snervante perché le spine sono micidiali, ma il sapore è molto buono: la gente del posto ci ricava un liquore. Sulle Ande, però, le nevicate abbondantissime alimentano tutta una serie di spettacolari ghiacciai che l'Argentina divide con il Cile. Questi ghiacciai, a loro volta, riempiono tutta una serie di spettacolari laghi, i quali danno origine ai fiumi che bagnano le zone aride ma non le irrigano in mancanza di pioggia. I ghiacciai, erodendo le Ande e scavandone i fianchi, depositano nei laghi una polvere finissima, come limatura di pietra, che resta in sospensione nell'acqua. Qui lo chiamano il "latte glaciale", ed è la polvere che colora di turchese il lago Argentino e tutti i corsi d'acqua della regione, spettacolari a vedersi. 

Un iceberg alla deriva nelle lattiginose acque del lago Argentino
Il lago Argentino, immenso, stupisce per la mancanza di vele: non si può navigare perché il vento lo spazza costantemente rendendo impossibile governare le barche. El Calafate, che sorge sulla riva del lago, è una località cresciuta negli ultimi anni grazie al turismo, è circondata dal deserto ed è la base di ogni escursione verso i ghiacciai della zona sud del parco nazionale che protegge la natura (flora, fauna, paesaggio) nella regione, e lo protegge bene. Ottanta chilometri più a ovest ci sono le prime propaggini delle Ande e il panorama cambia radicalmente: si comincia a salire, e subito ci troviamo in mezzo ai boschi. Qui piove. E fra i boschi, ecco comparire uno degli spettacoli più incredibili messo in scena dal Pianeta Terra: il ghiacciaio Perito Moreno. 

Le acque del lago Argentino colorate dal "latte glaciale"

Il primo avvistamento del ghiacciaio Perito Moreno arrivando in pullman 

Il nome deriva dall'esploratore Francisco Moreno, che lo studiò agli inizi del Novecento. "Perito" è un titolo onorifico, come "Ingegnere". Partendo da El Calafate con un pulman organizzato, serve più o meno un'ora per arrivare all'ingresso del Parco Nazionale dei Ghiacciai. Il bacino glaciale patagonico è il più esteso del mondo dopo Antartide e Groenlandia e si estende soprattutto sul lato cileno delle Ande, ma un buon trenta per cento è sul versante argentino e il Perito Moreno ne fa parte. La superficie del ghiacciaio è pari a quella dell'immensa città di Buenos Aires: nasce in quota, dove l'acqua si congela negli interstizi e spinge più avanti il flusso di ghiaccio, che avanza di due metri al giorno e giunge a sfaldarsi, con spettacolari crolli di iceberg, nelle acque del lago Argentino. Poiché il ghiaccio avanza, periodicamente arriva a bloccare il collegamento fra i due rami del bacino, creando una diga. L'acqua cresce da un lato fino a oltre venticinque metri sul livello dell'altro, dopo di che la pressione "rompe" il muro gelato con una spettacolare crollo che avviene ogni due o tre anni. L'ultimo si è verificato il 31 dicembre 2013, in pratica venti giorni prima della mia visita. 

Al centro, il punto della "rottura" del ghiacciaio

Arrivo in battello sotto il fronte del Perito Moreno
Per vedere le spettacolari pareti di ghiaccio ci sono dei battelli che conducono fin sotto il fronte più avanzato, mentre altri versanti dei tre con cui il Perito Moreno giunge nel lago si ammirano da una serie di passerelle e di terrazze poste a quote più alte lungo la strada che costeggia il lago. Una organizzazione perfetta, una gran folla di visitatori, ma c'è spazio per tutti e lo show non delude nessuno. 

Le passerelle che permettono di ammirare il ghiacciaio




Il ghiacciaio poi è vivo, si muove, rumoreggia: oltre al boato dei blocchi di ghiaccio che precipitano nel lago, ci sono rombi, scoppi, schianti. Un concerto di echi ancestrali che scuotono gli ascoltatori. 

Il Perito Moreno era sulla copertina dell'albo di Zagor del mese di gennaio 2014, proprio mentre io facevo il mio viaggio.

Nel prossimo articolo racconterò invece della mia visita a un altro ghiacciaio, l'Upsala, e dell'escursione più bella fatta in tutto il mio viaggio, quello all'Estancia Cristina.




Scenari western attorno a El Calafate, in Patagonia

Il lago Argentino e le case di El Calafate



Le bacche di Calafate, simili a mirtilli ma con le spine








































Un blocco sta per staccarsi e precipitare in acqua


Il punto della rottura del ghiacciaio

Le passerelle

Gli incredibili colori del Perito Moreno



venerdì 21 febbraio 2014

VOLPI, PINGUINI E GALEOTTI







Continua il racconto del mio viaggio nella Terra del Fuoco, compiuto proprio mentre in edicola in Italia usciva un albo di Zagor in cui lo Spirito con la Scure raggiunge quella regione ai confini australi del mondo. Uno delle escursioni che è praticamente impossibile ignorare soggiornando qualche giorno a Ushuaia, dopo esserci arrivati (com'è più facile) in aereo da Buenos Aires, è la navigazione sul Canale del Beagle.  Si tratta di un braccio di mare, più a sud dello Stretto di Magellano e più a nord del vicinissimo Capo Horn, scavato da un antico ghiacciaio, e che unisce Atlantico e Pacifico, esplorato dalla nave che portò a bordo Darwin e Fitzroy. 

Il Canale del Beagle, nella Terra del Fuoco, divide Argentina e Cile

Chi non ha mezzi propri o non è imbarcato su una nave da crociera, si affida a dei battelli attrezzati che propongono varie alternative. Quella che ho scelto io prevedeva un tour dal porto di Ushuaia fino all'Estancia Harberton, una trentina di chilometri verso est, oltre il Faro in Capo al Mondo, con visita ad alcuni isolotti popolati da uccelli marini, foche, leoni di mare e pinguini. Poi, sbarcando ad Harberton, il ritorno è stato via terra, con un pullman, attraverso varie strade (molte sterrate) dell'interno. 



Navigare nello stretto è uno spettacolo unico per ciò che si vede tutt'attorno, e anche l'incontro con gli animali è emozionante. A bordo ho fatto amicizia con un gruppo di giovani che mi hanno fatto condividere l'esperienza del mate, la bevanda tipica del Sud America andino, che serve a socializzare come da noi la grolla valdostana. Il pentolino in cui il mate viene pestato nell'acqua passa di bocca in bocca. Il sapore è buono e veramente restituisce calore, energia e serenità. 

Il pentolino del mate e il thermos per l'acqua calda sono tradizionali compagni di viaggio degli argentini
Scambiarsi il pentolino del mate serve a socializzare

Navigando sul canale si ha modo di ammirare, oltre lo splendido panorama con il Cile da una parte e l'Argentina dall'altra, vari scogli e isolette popolati da pinguini, foche, leoni marini e albatri. Inoltre si vede il famoso faro alla fine del mondo, suggestivo ed emozionante. I pinguini visti nel loro habitat naturale sono uno spettacolo: per quanto possiamo averli ammirati in mille documentari, scorgerli a due metri di distanza e vederli goffi sulla terraferma quanto agilissimi come pesci in acqua è straordinariamente emozionante. Mescolati a una colonia di pinguini di Magellano c'erano due pinguini Imperatore, bellissimi. Ovviamente, lungo le rive del Canale non ci sono segni di insediamenti umani: niente paesi, città, strade. Meraviglioso!

Foche e leoni marini su uno scoglio nel Canale del Beagle

La pinguinera

Due pinguini Imperatore (più grandi, con le macchie arancione) fra quelli di Magellano

Lungo il viaggio sono sceso, con alcuni altri, all'Estancia Herberton, mentre il battello proseguiva sulla rotta del ritorno. Harberton è una meta che viene ignorata dai depliant turistici delle agenzie italiane ma per me era una tappa obbligatoria, perché è la fattoria fondata dalla famiglia Bridge dopo la fondazione di Ushuaia e dopo che la costruzione di un penitenziario e l'arrivo di nuovi coloni avevano consigliato un allontanamento (Lucas Bridge è l'autore del libro "Ultimo confine del mondo", di cui vi ho parlato). 

Il pontile dell'Estancia Herberton

Si possono vedere la casa dei Bridge rimasta com'era all'inizio del Novecento, la barca costruita da un fratello di Lucas Bridge di cui tanto si racconta perché fu con quella che vennero esplorate le isole e le insenature del Canale del Beagle, le vecchie strutture della fattoria la cui attività principale era allevare pecore (dunque recinti e attrezzi per la tosatura, e mille oggetti incredibili tra cui una "lavatrice" di legno a manovella, una caldaia a vapore che azionava i macchinari per la tosatura o della falegnameria, eccetera). Ho anche conosciuto l'ultimo discendente di Thomas Bridge, il padre di Lucas, uno dei fondatori di Ushuaia. L'Estancia oggi è un museo, e la famiglia si dedica, oltre che alla conservazione del posto, a un centro di biologia marina in cui si studiano soprattutto i cetacei (molto bello da visitare). 
I recinti per indirizzare le pecore alla tosatora

La barca delle prime esplorazioni del Canale, costruita da Despard Bridges

La caldaia a vapore che azionava le seghe circolari e i rasoi per tosare le pecore dell'Estancia
Quando sono arrivato io i naturalisti stavano per esaminare una giovane femmina di delfino trovata spiaggiata da qualche parte nei dintorni, per stabilire la causa della morte. Con molta gentilezza mi è stato fatto toccare il povero animale e mi sono state date tutte le informazioni del caso. Dopo un pranzo in un buffet per i visitatori, il ritorno in pullman mi ha fatto scoprire scenari sempre nuovi, tra cui quelli creati da alberi patagonici contorti dal vento.

Scheletri di balena davanti al centro di biologia marina di Herberton

Una biologa di Herberton (la ragazza con la maglia rossa) spiega ai visitatori la fisiologia del delfino recuperato morto dopo uno spiaggiamento, permettendo di toccarlo e rispondendo alle domande


A pochi chilometri da Ushuaia, a ridosso del confine con il Cile, c'è il Parco Naturale della Terra del Fuoco. Tra cileni e argentini non corre buon sangue, almeno da queste parti. Peraltro, è la Terra del Fuoco argentina quella meglio attrezzata turisticamente. Nel Parco c'è la fine (o l'inizio) della Panamericana, la strada che parte dall'Alaska e attraversa Nord, Centro e Sud America, 17.848 km che sarebbe bello percorrere tutti con un camper. 

La fine della strada Panamericana, iniziata 17.848 chilometri più a nord, in Alaska

C'è anche un breve tratto di ferrovia: esattamente gli ultimi sei chilometri di una strada ferrata a scartamento ridotto costruita nei primissimi anni del Novecento per portare i detenuti del penitenziario nel bosco dove erano obbligati (d'estate e d'inverno) a tagliare alberi e trasportarli a valle. Il carcere di Ushuaia, di massima sicurezza, era una sorta di Alcatraz: impossibile fuggire, perché attorno non c'erano che gelo e migliaia di chilometri di terre disabitate. 





Il treno dei carcerati seguiva il corso del Rio Pipo, chiamato così (in sostituzione di un qualche nome precedente) in ricordo proprio di un galeotto che tentò la fuga, chiamato Pipo. I suoi compagni lo videro qualche giorno dopo ridotto a una orrida statua di ghiaccio, morto congelato, proprio vicino ai binari, dove era tornato per cercare soccorso. Il carcere oggi è un museo che si può visitare, e anche la ferrovia si può percorrere, appunto nell'ultimo tratto, con un trenino a vapore, niente più che un giocattolo per turisti che attraversa però bellissimi scenari e ha il pregio di far scoprire ai visitatori, grazie alle guide e ai depliant, la storia del penitenziario e dei suoi prigionieri, la cui condizioni di vita non erano dissimili a quelle dei detenuti della Guyana francese che si vedono in "Papillon". Ho comprato tre libri sull'argomento, sarebbe bello raccontare la storia di uno di questi incarcerati e del suo tentativo di fuga. 


La Baia Lapataia nel Parco Naturale della Terra del Fuoco


Visitando il Parco, oltre a vedere flora, fauna e paesaggi meravigliosi, si arriva fino alla Baia Lapataia, mozzafiato, dove sono stati ritrovati i resti di molti insediamenti Yaghan (va detto che questo popolo chiamava se stesso Yamana). A proposito di fauna, proprio lungo una strada sterrata io e la mia guida ci siamo imbattuti in due tranquillissime e bellissime volpi che si sono lasciate avvicinare e fotografare prima di sparire nel bosco. Dopo quattro giorni in Terra del Fuoco ho ripreso l'aereo per raggiungere El Calafate, ottocento chilometri più a nord, nella Patagonia continentale. Ve ne parlerò prossimamente, se avrete la pazienza di ascoltare.

Ushuaia vista dal battello durante la navigazione sul Canale del Beagle

La sponda cilena del Canale del Beagle



Cormorani e leoni marini in condominio

Una colonia di cormorani
Ecco la pinguinera!



Pinguini in nuoto subacqueo, velocissimi come pesci

L'Estancia Herberton



Estancia Herberton



Gli alberi della Terra del Fuoco sono spessi contorti dal vento



Baia Lapataia, sul Canale del Beagle


L'ufficio postale alla fine del mondo




Il fiume Lapataia

L'Ensenada Zaratiegui
L'Ensenada Zaratiegui



Il fiume Lapataia e le vette della Cordigliera Darwin




1
Le cime innevate sono quelle della Cordigliera Darwin, in Cile


Il fiume Lapataia

Due fiumi corrono verso la Baia Lapataia





Un falco nel Parco Naturale della Terra del Fuoco


Il lago Roca


Io e la mia guida Bruno nel Parco Naturale della Terra del Fuoco