domenica 24 aprile 2016

CICO PALADINO



E' in edicola il n° 18  della collana a colori bimestrale dedicata dalle Edizioni If alla riproposta degli albi di Cico in ordine cronologico (quelli originariamente usciti, in bianco e nero, sotto il marchio Bonelli tra la fine degli anni Settanta e il 2007). Si tratta di "Cico Paladino", con testi mie e disegni di Francesco Gamba. Non è la prima volta che Cico, anziché narrare le proprie disavventure, racconta quelle di qualche suo avo. In "Cico conquistador", (originariamente uscito, su1992, in non casuale contemporanea con le celebrazioni per la scoperta dell'America), per la prima volta, il protagonista dell’albo non era stato il buffo pancione, ma un suo antenato giunto in Messico al seguito di Hernan Cortés. Sempre un antenato del nostro eroe è il protagonista del successivo "Cico cavernicolo”, una sorta di parodia de "La Guerra del Fuoco" (non tanto del film di Jean-Jacques Annaud, quanto del meno conosciuto romanzo di Rosny).  Un altro antenato, di cui si narrano le gesta nello speciale del dicembre 1998, è appunto Cicobrando paladino di Francia, la cui epopea viene oggi riproposta in versione technicolor. Francesco Gamba, divertente e divertito disegnatore , è in realtà autore di 127 delle 128 tavole di cui si compone l’episodio: una pagina, infatti, è stata realizzata direttamente dal sottoscritto, benché accreditato soltanto come sceneggiatore. Si tratta delle vignette illustrate sul drappo che Cico cantastorie appende a un muro per raccontare la storia di Baiardo, il cavallo parlante di Rinaldo. Proprio l’indimenticabile Francesco ha raccontato l’aneddoto in una intervista rilasciata nel 1999 ad Angelo Palumbo e pubblicata sul volume "Zagor, un'avventura senza fine", edito da Salvatore Taormina nella collana "Cronaca di Topolinia Special". Ecco che cosa dichiara Gamba: "Moreno Burattini è un puledro rampante pieno di entusiasmo. Mi procura documentazione, mi allega suoi disegnini per mostrare ciò che vuole, si fa in quattro quando sono a corto di testi. Quando abbiamo realizzato ‘Cico Paladino’, ha schizzato di suo pugno i disegnini impressi sul lenzuolo che Cicobrando appende al muro. Io ho trovato quegli schizzi così adatti all'uopo, che li ho solo lucidati e ritoccati! Temevo di rovinarne in candore, ridisegnandoli". Quanto al resto, mi sono divertito moltissimo a infarcire la vicenda di citazioni che vanno dagli episodi dell’ “Orlando Furioso” a Mago Merlino, quest’ultimo chiamato Rambaldo (non a caso “fabbricante di mostri”) in ricordo di Carlo Rambaldi, il papà di ET. Da notare come nella prima vignetta di pagina 31, allorché Cico vuol convincere il saraceno Alì El Gradass di essere un semplice menestrello e non lo scudiero di un paladino, nella mia sceneggiatura diceva di poterlo “giurare sulla Bibbia”. Un consulto redazionale suggerì che fosse meglio, per prudenza, non tirare in ballo la religione e i libri sacri, e dunque modificai la battuta. Da questo punto di vista, dopo diciotto anni i tempi non sono cambiati.

lunedì 11 aprile 2016

IL TESORO DELLA PIRAMIDE



E' in edicola  “Il tesoro della piramide”, l’albo di Zagor n° 609 (Zenith 660), datato aprile 2016. La copertina, che vedete sopra, è opera di Gallieno Ferri.  I testi sono miei e i disegni di Marco Torricelli. Si tratta della continuazione di una avventura iniziata nel volume precedente e destinata a concludersi nel prossimo. L'albo è uscito in edicola il giorno stesso della morte di Ferri.  
Sui rapporti fra questa storia e un classico di Guido Nolitta degli anni Sessanta, quello con il folle archeologo Vincent Krebs, ho già scritto parlando de "L'ombra del faraone", lo Zenith 659 di marzo. In questa seconda parte della storia (occhio allo spoiler se non avete già letto il racconto) viene inserito un elemento fantastico: la figura di un demone, la cui natura verrà spiegata nel volume successivo. Rimando dunque tutte le discussioni in proposito a quanto torneremo sull'argomento ad avventura conclusa. Per il momento non posso che ribadire una ovvietà: già la storia di Bonelli apparteneva al filone fantastico zagoriano, perché conteneva elementi del tutto alieni alle storie "di frontiera" basate sul realismo. Il fatto che a Darkwood ci fosse un museo di antichità egiziane, un deserto simile a quello del Sahara, un numero impressionante di schiavi al lavoro per costruire una piramide, uno stuolo di guerrieri in groppa ai dromedari, un architetto in grado di far crollare un edificio enorme solo tirando una leva... beh, non è certo più credibile della presenza di un solo demone misterioso dotato di poteri magici. Peraltro, questi poteri potrebbero persino servire a spiegare tutto il resto.  Chi volesse perciò contestare il demone in quanto personaggio "fantastico", senza nello stesso tempo aver niente da ridire su quanto di fantastico c'era già nella storia degli anni Sessanta dovrebbe quanto meno arrampicarsi sugli specchi. In ogni caso, l'avventura è piena di azione, di elementi esotici, di mistero, di tradimenti e di colpi di scena (almeno nelle intenzioni dello sceneggiatore) per cui si spera possa intrigare i più. 



venerdì 8 aprile 2016

L'ULTIMO SALUTO


Mercoledì 6 aprile 2016 si sono svolte a Recco le esequie di Gallieno Ferri. Il funerale ha avuto luogo nella chiesa di Megli, sulla collina che domina l'abitato, con una bellissima vista sul Golfo Paradiso, le cui acque Gallieno ha solcato per tutta la vita in barca a vela o in windsurf. Numerosissime le persone che si sono strette attorno alla famiglia, molte con la casacca di Zagor addosso. Sul feretro è stata posata una scure. Accanto alla bara c'erano i gonfaloni del Comune di Recco e del Comune di Rocchetta Vara (La Spezia), di cui Ferri era cittadino onorario per la sua lunga frequentazione del fiume Vara a bordo della sua canoa. Dopo la disastrosa alluvione del 2011, Gallieno aveva realizzato una stampa numerata e firmata da vendere per una raccolta fondi, che ebbe un notevole successo (questo a ulteriore testimonianza della sua sensibilità verso gli altri). La cerimonia è stata commossa ma serena, come serena è trascorsa la vita del Maestro. Graziano Romani ha intonato la sua canzone "Darkwood" e un lungo applauso ha salutato il feretro mentre usciva per la sepoltura nel piccolo cimitero di Polanesi. Tra i presenti anche molti autori di fumetti, zagoriani e no. A Gallieno è piaciuto il modo in cui lo abbiamo salutato, ne sono sicuro.










Al centro, Alessandro Chiarolla
Berardi, Mantero e Calza

Il figlio Gualtiero


domenica 3 aprile 2016

CARO GALLIENO



Caro Gallieno,
lo so che cosa mi vorresti dire, in questo primo giorno senza di te.
Lo so, perché ti conosco. 
E in effetti è come se le cose che sto per scrivere tu me le dettassi da chissà dove (ma sicuramente da un luogo incantato).
Ti conosco non soltanto da 26 anni (a tanto indietro nel tempo risale il nostro primo incontro), ma da una vita. Quando sono nato, Zagor già esisteva, e sono cresciuto avendolo accanto come un fratello maggiore, che mi temeva per mano difendendomi dai prepotenti e raccontandomi storie meravigliose per farmi fare bei sogni quando andavo a dormire. 
Perciò ti conosco da quando ho cominciato a perdermi nella foresta di Darkwood, che avrò avuto quattro anni e già sfogliavo i fumetti senza saperli leggere. Poi, c’è sempre stata una tua copertina in ogni momento della mia esistenza: quando ho cambiato casa che ero alle elementari, quando ho fatto la prima comunione, l’esame di terza media o la maturità, quando ho dato il primo bacio a una ragazza, quando fatto il mio primo viaggio all’estero o sono partito militare. Il fatto che poi siamo diventati collaboratori e addirittura amici (amici di quelli che si vogliono bene per davvero) è uno dei più bei regali che mi abbia fatto la vita. 
Si dice sempre che non bisognerebbe conoscere i propri miti, perché si rischia di restarne delusi: tu invece eri ancora migliore della pur bella immagine che di te avevano i tuoi lettori. Chiunque ti abbia conosciuto lo può testimoniare. Per me eri diventato un secondo padre. Quante lezioni di umanità, di ottimismo, di generosità, di serenità, di semplicità, di dedizione agli affetti e al lavoro ho imparato da te! E quante cose mi hai insegnato su quelle che erano le tue passioni: il mare, le barche, i fiumi, la natura, la montagna, i viaggi, l’arte, la storia. Sono diventato il tuo biografo (con due libri e tanti articoli a te dedicati) soprattutto per pagare il mio debito di riconoscenza verso i sogni che mi hai regalato e l’esempio che mi hai dato.
E adesso eccomi a piangere il fatto che non tu non ci sia più, anche se tutto qua attorno mi parla di te come se ci fossi: perché non sarei io, senza di te.
Ma, ripeto, lo so che cosa mi diresti se fossi qui (e lo so che ci sei). 
Mi diresti che in realtà non mi hai lasciato da solo perché sono in mezzo a migliaia e migliaia di abitanti di Darkwood (tutti i tuoi lettori) con i quali andremo avanti facendo tesoro dei tuoi insegnamenti. E Zagor resta con noi, a farci da fratello maggiore. 
Ma mi diresti anche che non c’è motivo di piangere, perché hai avuto una vita meravigliosa: te ne sei andato sorridendo (mai una volta che ti abbia sentito lamentarti per la tua malattia), lavorando fino all’ultimo giorno alla nuova copertina che ti avevo affidato, alla bella età di ottantasette anni vissuti come tutti vorremmo vivere, guardando il mare dalle tue finestre e dalla tua terrazza, con le montagne alle spalle. 
Hai visto la guerra e poi la pace, hai svolto bene il tuo lavoro (diventando un maestro riconosciuto da tutti nella tua arte), hai avuto quattro figli magnifici e uno stuolo di nipoti, e hai lasciato un segno nell’esistenza di milioni di persone in tutto il mondo, tutte innamorate dei tuoi racconti. Hai viaggiato e navigato, hai aiutato chi si rivolgeva a te, hai lavorato nel modo che volevi, disegnando ciò che ti piaceva disegnare e immedesimandoti nei tuoi disegni, con vera passione. Non hai mai smesso di lavorare anche quando avresti potuto, perché il lavoro era parte integrante della tua vita, e sei riuscito a farlo ai massimi livelli fino a quando ci hai lasciato. E sei stato amato come pochi altri fabbricanti di sogni al mondo. Sei stato Gallieno Ferri, insomma. Perciò perché piangere? Si può solo essere felici per te, per quello che sei stato, per quello che sei.

Hai reso il mondo un posto migliore, ed è questo l’unico vero compito di ogni uomo. Quindi, non ci resta che piangere per noi, se non sapremo fare altrettanto.