lunedì 7 febbraio 2011

UNO SU MILLE

"Se proprio uno ha il sacro fuoco dentro, deve avere buon senso, molta pazienza, un minimo di intraprendenza telefonando ogni tanto per sollecitare le risposte che non arrivano ma non farsi illusioni, rendersi conto che uno su mille ce la fa, e perdonare i poveri curatori di testata che fanno attendere dei mesi prima di dare una risposta".


Così si concludeva il mio post precedente, dedicato agli aspiranti sceneggiatori zagoriani. Nei miei programmi prevedevo una seconda puntata in cui, dopo aver fatto capire con la prima quali fossero le difficoltà, offrivo comunque dei consigli a chi fosse interessato.


Il senso della cosa è cercare di non illudere coloro che, e sono tanti, credono che fare gli autori di fumetti sia un mestiere facile e alla portata di chiunque, magari in grado di rendere ricchi e famosi come il protagonista del terrificante racconto di Giorgio Faletti "Una gomma e una matita" (e terrificante non va inteso in senso positivo, ovviamente, nonostante il carattere horror della novella). E' importante che chi (come me, del resto) ha sempre sognato di scrivere sceneggiature o realizzare tavole si renda conto dei problemi da superare, dovuti non solo alla necessità di avere e saper dimostrare più talento degli altri ma anche alle gravi difficoltà del mercato, che restringono inesorabilmente gli spazi attorno agli autori (non soltanto agli aspiranti tali ma, sempre più spesso, anche ai navigati professionisti).


Arrivano anche sul mio tavolo, a volte, proposte chiaramente velleitarie da parte di alcuni che non sono all'altezza (certi avrebbero soltanto bisogno di gavetta e allenamento, per altri non ci sono proprio speranze), ma talora mi viene da pensare che se fossimo ancora negli anni Settanta o magari nei Novanta quel tale autore potrebbe già lavorare, se non in Bonelli magari per Barbieri o la Universo, per il Corriere dei Ragazzi o per il Giornalino.

Oggi è tutto molto ma molto più difficile, almeno per il fumetto da edicola come lo concepiamo in Italia. Forse è più facile (o meno difficile) trovare lavoro sul web, o nello sviluppo di videogiochi, o nella sceneggiatura di telefilm o cartoni animati (in realtà non ne ho la minima idea: una volta mi hanno contattato per scrivere un plot per un videogioco e ho rifiutato perché a ciascuno il suo mestiere, non giocando mai alla playstation non sarei mai riuscito a dominare il codice espressivo di un medium per me alieno). Cercare di mettere in guardia gli aspiranti autori sulle gravi difficoltà che li attendono non è, come a volte
ho sentito dire, voler chiudere le porte della torre eburnea bonelliana (anche perché le difficoltà sono le stesse, se non maggiori, in casa Disney o in quella dei Paolini): è consentire a tutti di studiare i passaggi da superare durante una scalata free climbing su una parete verticale di grado nove.

Nella rubrica "Diamo i numeri" dedicata al bilancio della produzione Bonelli del 2010, Saverio Ceri ha scritto: "Aumentano le pagine, ma diminuiscono gli sceneggiatori: 41 quelli pubblicati nel 2010, 3 in meno dell'anno precedente; lontani dai 52 autori, record, del 1999. Due gli esordienti del 2010: Marolla su Dampyr e Cavaletto su Dylan Dog".

Ho già ricordato come Marolla si sia presentato in Bonelli proponendo dei soggetti per Zagor decisamente horror e innovativi. Sono stato io il primo ad avere la ventura di leggere qualcosa di suo e ho percepito immediatamente del talento in ciò che scriveva. Ho sottoposto i suoi testi a Mauro Boselli, che si è assunto l'onere di fargli da mentore e sia pure lungo un percorso a ostacoli Samuel è arrivato a vedere il suo primo albo in edicola.


Riguardo ai disegnatori, Saverio Ceri scrive: "I disegnatori pubblicati quest'anno sono 129, esattamente come nel 2009. Lontano il record, stabilito nel 2003 di 150 disegnatori. Ben Dieci gli esordienti; la metà solo sulle pagine di Cassidy: Armitano, Barletta, Cavenago, Furnò e Gregorini; inoltre Ambu su Dampyr, Benevento su Caravan, Nuccio su Zagor, Romeo su Nathan Never e Vetro, la prima donna a illustrare Dylan Dog". Dunque nel 2010 sono stati dieci gli esordienti. Non saranno tantissimi, ma neppure pochissimi. In ogni caso, non si può certo parlare di torre eburnea (e mi fa sempre molto dispiacere sentire usare questa espressione).

Subito dopo il mio articolo "Il soggetto in questione" ho ricevuto diversi commenti, ad alcuni dei quali ho risposto a stretto giro di posta. Li potete leggere in calce al post, e ringrazio tutti quelli che hanno scritto qualcosa. Ma, dato che il dibattito si è fatto intrigante, prima di procedere con i consigli promessi, riporto alcuni degli interventi e quelle che sono state le mie repliche (così che restino a futura memoria anche qui, nel caso questo testo capiti sotto gli occhi di qualche interessato - i commenti dei blog, si sa, a volte sfuggono).

Innanzittuto grazie a One Eyed Jack per questa testimonianza: "Avendo pure io tentato a suo tempo di inviare un soggetto a Moreno (per fortuna sapevo già in anticipo che non c'erano speranze), posso testimoniare che: 1) Da buon principiante ho raccontato tutto nei dettagli, riportando perfino frasi che sarebbe dovute apparire nell'ipotetica sceneggiatura, e che almeno una o due ore a lavori ben più importanti devo avergliela scippata2) Moreno ha una pazienza di Giobbe, risponde con una professionalità rara, spiega nei minimi termini dove il soggetto presenta punti deboli e può essere migliorato, non vende illusioni e allo stesso tempo evita di consigliare brutalmente di darsi all'ippica, anche se nel mio caso era probabilmente il consiglio più giusto!".

Roberto invece mi scrive: "Moreno devo dire che non condivido la linea di fondo della politica Bonelli, che traspare dalla lettere di Sergio sulla posta di Zagor. In pratica si dice agli aspiranti: vi consigliamo di non farvi venire l'idea, ma se proprio dovete spedirci un lavoro sappiate che al 99% per voi non ci sono speranze, perché il mercato è piccoli, ci sono già molti scrittori di fumetti, ecc. Bonelli tendenzialmente conserva la sua scuderia di autori e si tiene per 30 anni Nizzi su Tex (testardamente anche quando negli ultimi anni il livello era sceso a livelli paurosi) 20 anni Burattini su Zagor, ma ci pensa mille volte a innestare nuovi autori. Eppure un autore che scrive per tanti anni inaridisce per forza di cose la vena creativa. Ci vorrebbe quello che nelle aziende tecnologiche è la sezione 'Ricerca e Sviluppo'. Se non si fa ricerca e sviluppo, se non si cercano nuovi autori (anche a discapito degli 'anziani' voglio essere franco) la qualità si abbasserà inevitabilmente. Prediamo ad esempio Zelig. I curatori della trasmissione girano tutta Italia con i Laboratori Zelig dove vanno alla ricerca di nuovi cabarettisti esordienti. I migliori passano alla sede Zelig di Milano e infine, chi dimostra di essere davvero bravo finisce in prima serata con Bisio. Ecco cosa significa cambiare e far circolare nuove idee! Zelig avrebbe già chiuso se oggi ci fossero ancora i cabarettisti di 10 anni fa".

Rispondo: non vorrei che ci fossero dei fraintendimenti riguardo al testo di Bonelli che risale ad alcuni anni fa e si riferisce principalmente a Zagor. C'è da dire innanzitutto che non è vero che la Bonelli non offra spazi ai nuovi autori, dato che soltanto lo scorso anno sono stati messi all'opera dodici nuovi acquisti. Persino su Zagor c'è stato il debutto di un nuovo disegnatore, Joevito Nuccio. Poi direi che vadano distinti i personaggi "storici", come Tex o Zagor, da quelli più recenti: alcuni sceneggiatori (e disegnatori) di lungo corso hanno dalla loro l'esperienza e la conoscenza del personaggio che rassicura e conserva il pubblico degli affezionati a cui piace che il loro eroe resti fedele alla tradizione. Credo che nessun editore metterebbe nelle mani di un esordiente un personaggio come Tex su cui si basano le sorti della casa editrice: prima di trovare un nuovo sceneggiatore si deve valutare bene il candidato che dà maggiori garanzie di affidabilità. Ci sono poi gli autori che lavorano da vent'anni ma si sono guadagnati il "posto" appunto perché hanno fatto un buon lavoro: Medda lavora in Bonelli da più tempo di me, ma sarebbe pazzo l'editore che lo allontanasse per far posto al primo nuovo venuto. E lo stesso vale, immagino, per Berardi, o per Boselli o per Serra o per Castelli (ma potrei continuare citando Vigna, Chiaverotti, Manfredi eccetera, badando bene a non citare me). Inoltre, mi pare che garantire lavoro ai collaboratori che per anni e anni hanno portato avanti la casa editrice (realizzando testi e disegni) anche quando l'età crea qualche scompenso, sia un punto di merito e non un fattore di critica. Davvero preferesti che qualcuno ti cacciasse dal tuo posto il giorno che, sessantenne, non fossi più in grado di garantire lo stesso standard dei vent'anni? Senza contare che, poi, ci sono lettori che apprezzano di più lo stile un po' datato di certi autori e si scandalizzerebbero di fronte a stili più innovativi e sperimentali: bisogna anche conoscere il pubblico a cui ci si rivolge.

Infine direi che mai sono mancati i nuovi ingressi: Cajelli o la Barbato, per parlare degli sceneggiatori, sono pezzi da novanta entrati relativamente da poco nella scuderia e dopo di loro si sono visti altri felicissimi esordi (da Celoni a Enna, tanto per fare dei nomi). Di recente hanno scritto Dylan Dog anche autori di culto come Recchioni, Bartoli, Bilotta, che sono nati professionalmente in altre case editrici e hanno avuto percorsi artistici alternativi rispetto alla "bonellianità". Lo stesso si potrebbe dire per Paolo Bacillieri e Luca Enoch.

Le strade da percorrere per arrivare a pubbicare qualcosa, per quanto tutte in salita, possono essere tante e a volte ce ne possono essere alcune insperate o poco battute che portano là dove non ci si aspetta. Tuttavia io ho esposto i problemi, dato che sarebbe inutile o peggio dannoso far finta che non esistano, e dunque è meglio partire preparati. A volte temo che le scuole di fumetto non offrano in quadro realistico delle difficoltà, e soprattutto mi pare che ci dovrebbero essere scuole anche per insegnare a diventare editori (ma la cultura dell'imprenditorialità non è proprio diffusissima nel nostro Paese). In ogni caso, ci sono comunque editori a cui proporsi, anche al di là di Bonelli, dalle Paoline alla Panini, dalla BD alla Star, dall'Eura all'Astorina e via dicendo. Poi c'è il mercato estero. Infine, ci sono quelli che si inventani appunto editori come nel caso di Andrea Bacci e di "Lady Viola", di cui ho parlato in un post di qualche mese fa.


Basileo così commenta, ben cogliendo il senso dell'intervento di Bonelli sulla Posta di Zagor: "Mi è capitato in passato di inviare proposte a case editrici e senz´altro è una grande delusione vedersi inviare una risposta circolare, dopo aver spedito il frutto delle fatiche di mesi o (il più delle volte) non ricevere risposta per niente. Devo anche dire che l´atteggiamento dell´editore Bonelli è per lo meno onesto: 'nessuna chiusura ad invii, ma non possiamo garantire niente a nessuno'. Avete mai provato a visitare i siti delle altre case editrici? In molti casi non accettano neanche più l´invio di manoscritti. I risultati poi li vediamo nel mercato editoriale italiano (la classifica dei libri piú venduti a volte fa cadere le braccia). Comunque teniamo presente che in Italia il numero dei lettori (di libri o fumetti che dir si voglia) è quel che è. Intanto in questi giorni, visitando il sito Bonelli, ho avuto modo di notare quanto si sia ridotto il numero di testate 'fisse' in edicola (quindi miniserie a parte); questi dati io li leggo in una luce positiva. Concentrare le energie sulle testate a disposizione porterà secondo me ad una maggiore vitalità delle serie che già conosciamo e (perché no?) consentirà senz´altro di aprire a nuovi talenti. Come laboratorio di idee poi possono andare benissimo le miniserie".

Infine Ninaccio scrive: "Fortunatamente non sono un aspirante autore con dei plichi da sottoporti ma un felicissimo e appagatissimo divoratore di fumetti bonelliani tra cui ovviamente Zagor! Volevo chiederti, dopo la disanima perfetta sulla mancanza di tempo in redazione dovuta ad una mole abnorme di lavoro: tu, riesci ad avere del tempo libero per te senza che la tua mente si colleghi a quell'idea particolare per una nuova sceneggiatura? Riesci a staccare la spina dal ruolo di inventore di storie oppure con la testa lavori anche quando sei fuori e fai dell' altro? Non deve essere semplice il lavoro dello sceneggiatore, poiché non mi pare che questo possa concludersi con i soli orari di ufficio!".

Rispondo: lavoro in redazione tre giorni a settimana, quindi soltanto part-time. Il resto del tempo lo dedico alla sceneggiatura, dopocena infrasettimanali e sabato e domenica compresi. Ovviamente, non smetto mai di pensare a ciò che devo far fare o far dire a Zagor. E' un po' la mia maledizione: non stacco mai timbrando un cartellino.

Per finire, ecco il testo che, alcuni anni fa, ho approntato per dare consigli a cbhi, animato dal sacro fuoco e pronto a scalare le montagne, volesse proporre dei soggetti per Zagor (senza farsi illusioni: uno su mille ce la fa). I consigli, mutatis mutandis, secondo me valgono per tutte le serie bonelliane (e non).

PICCOLI CONSIGLI
di Moreno Burattini

Come si "confeziona" un soggetto di taglio professionale da sottoporre ai responsabili di una casa editrice? Per cominciare, per quanto possa sembrare una nota di colore (ma non lo è) è indispensabile una accattivante veste grafica, che inviti alla lettura, priva di sbavature, e di errori grammaticali. Quindi si dovrà adottare una battitura con spazio ai margini su tutti i lati del foglio, separare i paragrafi, scrivere il titolo al centro, sottolineato, usando possibilmente un computer e non la macchina da scrivere.

In una casa editrice dove arrivano ogni giorno decine di soggetti, è fondamentale non scoraggiare fin dal primo impatto il redattore che si prende la briga di leggerli. Sarà insomma fondamentale colpire favorevolmente fin dall'inizio chiunque leggerà lo script. Naturalmente nel caso di autori di una certa esperienza il controllo sarà più superficiale e in alcuni casi i supervisori giungeranno a dare carta bianca nei fatti, concedendo fiducia alla professionalità già dimostrata in precedenza (i più navigati soggettisti bonelliani si limitano a volte a raccontare a voce la propria idea al curatore di testata, che l'approva o la discute senza neppure bisogno di un testo scritto - ma questo naturalmente è un punto di arrivo a cui non si può giungere senza essere partiti da quanto invece stiamo dicendo).
Di estrema importanza è che il soggetto sia chiaro e non lasci dubbi all'editor che dovrà esaminarlo. In altre parole: le motivazioni che muovono i personaggi devono essere le più logiche possibili. Altrimenti il lettore, e il supervisore prima di lui, si chiederanno perché mai qualcuno si comporti in un certo modo, se non ci sono spiegazioni. E per assurdo, le cose vanno spiegate di più e meglio al supervisore che al lettore, perché è il primo che deve accettare una storia, e se ha dei dubbi non la passerà. Forse l'autore che ha immaginato la sua storia ne ha ben nitido in mente lo svolgimento, ma magari chi la esamina non riesce a seguire gli avvenimenti in modo altrettanto lineare. Se l'esaminatore deve spesso fermarsi a chiedersi "perché?" oppure "questo che accidenti vuol dire?", c'è qualcosa che non va. Dunque occorre essere sicuri che non ci siano buchi narrativi, incertezze o passaggi lasciati al caso.

I fatti devono essere logicamente concatenati, e venire raccontati in modo tale da non far mai sorgere dubbi su quanto sta accadendo. I supervisori delle case editrici, di solito, sono giustamente fiscali e inflessibili sulla coerenza di ogni minimo elemento di una vicenda: i "perché" irrisolti provocano la bocciatura dei soggetti. Le storie, inoltre, devono essere costruite secondo un ritmo convincente. Le spiegazioni non possono venire date da lunghe chiacchierate che bloccano l'azione: così, il racconto è sbilanciato. Le spiegazioni devono essere scoperte man mano che il racconto progredisce, lasciando per ultimo il tassello finale che rende il tutto chiaro, ma non si devono vedere noiose scene in cui qualcuno spiega a lungo qualcosa a qualcun altro. Nel soggetto si deve raccontare solo ciò che accade, un fatto dopo l'altro, limitandosi però a quanto è realmente utile alla comprensione della vicenda.

Insomma, sarebbe inutile, anzi dannoso, descrivere le gag di Cico da inserire nelle storie di Zagor: sono particolari che verranno inseriti in sceneggiatura, sono accessori del plot, non elementi portanti. Meglio mettere a fuoco che cos'è veramente importante per la comprensione e per il logico sviluppo della vicenda e limitati all'essenziale. I particolari verranno dopo. Altri punti qualificanti a cui è oltremodo sensibile il supervisore di una collana seriale, come per esempio quelle dei personaggi bonelliani, sono la centralità della figura dell'eroe quale motore della vicenda, e il suo comportamento sempre vincente e convincente. I tempi lunghi e le ingenuità di certe vecchie storie, anche bonelliane, di venti o trenta anni fa oggi vanno dimenticati. Si pretende che la vicenda entri subito nel vivo, senza prolissità e temporeggiamenti. Non ci devono essere lunghe sequenze didascaliche o di solo chiacchiere; i personaggi devono sempre muoversi, agire, fare qualcosa. Se non si fa così, il lettore di oggi getta via il fumetto per accendere il computer e giocare con la Playstation, o naviga su Internet, o guarda la TV che offre film e telefilm a ogni ora e in straordinaria quantità.

Un tempo, quando l'offerta di fiction era molto più limitata, i tempi narrativi potevano essere più dilatati e si poteva contare su una maggiore pazienza del lettore prima di arrivare al nocciolo della questione. Nel Duemila, purtroppo o per fortuna, non è più così. Uno sceneggiatore deve rendersene conto e non può far finta di niente. Qualunque manuale di scrittura creativa insegna che per catturare l'attenzione del lettore bisogna che proprio l'inizio sia intrigante, che proprio lì si entri subito in medias res, che subito scatti il meccanismo narrativo che coinvolga il protagonista e renda interessante agli occhi del lettore il vedere come si sviluppano gli eventi. E in un fumetto come Zagor, dove lo Spirito con la Scure è appunto un eroe e non un "antieroe", bisogna che questi eventi siano molto drammatici e che il personaggio titolare di testata vi abbia un ruolo rilevante. Naturalmente questo elemento (quello della "centralità" dell'eroe e della necessità che ha di fare "bella figura") è fondamentale in Zagor, mentre magari è diverso, e meno importante, per Ken Parker o Dylan Dog, bisogna scrivere cum grano salis, sempre tenendo bene in vista le caratteristiche del personaggio di cui si intende scrivere un soggetto.

E' chiaro che le storie che si propongono devono calibrarsi sul personaggio che si vuol renderne protagonista (insomma, non si può proporre una storia erotica alla Walt Disney). Per "caratteristiche del personaggio" si intendono anche quelle caratteriali e di indole, per cui di fronte a certe difficoltà il nostro eroe dovrà sempre reagire così come il lettore, che lo conosce a volte meglio degli autori, si aspetta che reagisca. Un altro piccolo trucco ben noto agli sceneggiatori professionisti (di cinema, oltre che di fumetto) consiste nel non far descrivere da qualcuno la cattiveria di un tale, ma far sperimentare al protagonista (e dunque al lettore), quanto sia grande la cattiveria in questione. Più in generale, le cose (i "fatti") devono essere viste, e non raccontate, privilegiando sempre e comunque gli avvenimenti più spettacolari e drammatici rispetto agli accadimenti minimali e alle scene discorsive. E' importante soprattutto che non sia "minimale" la cosiddetta "posta in gioco", cioè il motivo per cui l'eroe lotta, combatte, rischia la vita.

Bisogna, infine, soffermarsi anche a pensare se ciò che stiamo immaginando come avvenimento della nostra storia possa essere effettivamente disegnato, o risultare efficace una volta disegnato: un conflitto "interiore", in un fumetto, soprattutto se d'avventura, difficilmente può essere ben raffigurato e men che mai tirato per le lunghe. Non si può neppure ignorare disinvoltamente la realtà storica in Zagor: non è stato così neppure ai tempi di Nolitta, meno che mai lo è adesso. E' vero, Nolitta faceva usare ai suoi personaggi armi automatiche inesistenti nel 1820-1840 (periodo in cui, grossomodo, si può collocare l'epopea di Zagor), ma grazie a Dio a Darkwood (che si trova nel Nord-Est) non ci sono Apaches (abitanti nel Sud-Ovest) e in più occasioni Sergio Bonelli ha cercato di affrontare tematiche proprie di quella realtà spazio-temporale (le guerre Seminoles, i matrimoni misti fra Cherokee e bianchi, lo schiavismo, i rendez-vous dei trapper). Quelli comunque erano tempi diversi, dove gli sforzi di Nolitta per rispettare la Storia, pur lodevoli, non erano fondamentali. Oggi, invece, pur senza snaturare le caratteristiche della serie, la casa editrice chiede agli sceneggiatori un grosso lavoro di documentazione. Documentazione significa anche aver letto attentamente tutta la saga del personaggio del quale si vorrebbero scrivere delle avventure, per evitare di proporre soggetti troppo simili a quelli di storie già pubblicate, o al contrario troppo in contrasto con quanto in precedenza si era visto e stabilito.

Solo dopo che è stato approvato, il soggetto viene tradotto in sceneggiatura, cioè viene trasformato da racconto in descrizione delle singole pagine (dette "tavole" in gergo tecnico) con le indicazioni per il disegnatore e il letterista. Ogni tavola sarà divisa in varie vignette o strisce, e per ognuna di queste lo sceneggiatore indicherà anche i dialoghi dei vari personaggi. Ma questa è un'altra storia. E soprattutto, è teoria: nella pratica lo so benissimo che anch'io, per primo, non ho sempre rispettato le regole che pretendo di insegnare.